a cura del dott Giovanni Greco
Martiri di Otranto
Nella prima metà del 1400, Maometto II aveva progettato la realizzazione di un grande Impero Ottomano che comprendeva anche le coste e le terre della provincia di Otranto con conseguente dominio (commerciale e religioso) della mezzaluna sul canale tra Jonio e Adriatico; naturalmente a discapito delle altre potenze (occidentali) che in quel periodo si disputavano il controllo sui medesimi porti. Difatti le incursioni corsare turche, saracene … per più di un secolo furono il principale rischio di invasione dall’esterno per i nostri porti del Mediterraneo.
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Gli Ottomani rappresentavano una nuova potenza che era in grado di controllare “potentemente” i commerci (grano, spezie, tessuti …) in tutti gli stretti e i porti del mediterraneo. Pertanto potevano essere una minaccia sia per gli aragonesi di Napoli, sia per gli interessi economici di Venezia e di Genova nell’Adriatico; non per ultimo il mondo musulmano rappresentava una minaccia per lo stesso papato.
Da questa prospettiva meramente economico-commerciale (e tralasciando momentaneamente la cruda atrocità delle persecuzioni religiose), una rilettura ampiamente discussa ancora oggi, vede la Serenissima Repubblica Veneta di quel tempo, signora e padrona dell’Adriatico e avversaria del re di Napoli, in quanto i veneti volevano frenare il potere degli Aragonesi; quindi, nel mezzo delle scorrerie turche, Venezia doveva trovare un accordo con chiunque volesse controllare il canale d’Otranto. In questo caso poteva scegliere se allearsi o combattere gli Ottomani. Una notizia storica riporta che Venezia aveva consentito agli Ottomani di invadere il Regno di Calabria – nel tentativo di allontanare Alfonso d’Aragona dalla Toscana, che in quel periodo desiderava attaccare Firenze (alleata di Venezia). Infatti Venezia aveva da poco concluso una guerra, iniziata nel 1463, con l’Impero Ottomano, e aveva siglato un trattato di pace con la Turchia datato 25 gennaio 1479. Sino al 1480 Maometto II inviò a Venezia due proposte per creare un’alleanza per attaccare il regno di Napoli e il Papato. Ma Venezia si dichiarò sempre neutrale.

Inoltre dopo la caduta dell’Impero Romano d’Oriente (avvenuto pochi decenni prima) e l’occupazione di Costantinopoli da parte del sultano turco Maometto II, quest’espansione musulmana preoccupava Papa Sisto IV (1471-1484). Tant’è che già negli appelli precedenti i pontefici della Sede apostolica avevano descritto che «il sovrano turco era diventato prefigurazione dell’Anticristo, l’apocalittico dragone rosso che andava debellato con la forza della fede, del denaro e degli anatemi». E proprio nella metà del Quattrocento furono promesse indulgenze a chi si fosse «arruolato nel nome di Cristo» contro i Turchi. Ma il quadro generale era molto complesso perchè se pur Papa Sisto IV tentò (inutilmente) di creare una lega in difesa dei territori cristiani, aveva anche rapporti tesi con Lorenzo il Magnifico il quale a sua volta era in conflitto con lo Stato senese, con Ferrante d’Aragona regnante sul Mezzogiorno e con il duca di Urbino Federico da Montefeltro. D’altro canto, Ferdinando d’Aragona precedentemente aveva pure intrattenuto rapporti diplomatici con Maometto II in funzione anti-veneziana. Fra queste diatribe fra i regni occidentali, si era infilato il sultano musulmano offrendo aiuto a Firenze e buone relazioni con Venezia; e “pare” abbia deciso pertanto che era quello il momento giusto per sferrare una potenziale linea di attacco “quasi indisturbato” alla conquista delle coste di terra d’Otranto nel Mediterraneo. Comunque la storia ci dice anche che proprio alla viglia dello sbarco di Otranto, Ferrante d’Aragona aveva appena fatto pace con Lorenzo il Magnifico – quasi come fosse una sorta di dispetto al Papa Sisto IV.
Ma il giorno dell’invasione Turca, le Galee della Serenissima, che solitamente erano appostate nel Canale di Otranto, “casualmente” fecero passare le navi turche senza nessuna resistenza.
Alcuni storici sostengono che la prima città che gli invasori avrebbero voluto attaccare probabilmente doveva essere Brindisi per poi procedere verso l’intero Regno di Napoli. Ma successivamente quel programma iniziale fu modificato per una forte tramontana che condizionò la navigazione spingendo le navi Turche su Otranto, città sotto dominio degli Aragonesi di Napoli.

Il 28 luglio 1480, sulla costa pugliese nei pressi di Roca (sotto le mura di Otranto, presso i laghi Alimini, nel luogo che ora si chiama Baia dei Turchi), si presentò una flotta navale turca (saraceni) proveniente da Valona (l’odierna Albania, all’epoca sotto l’Impero Ottomano), del sultano dell’Impero ottomano Maometto II. Si trattava di circa 150 imbarcazioni (90 galee, 40 galeotte, altre navi) e 18.000 soldati, che appena inoltrati nella costa e nel porto idruntino bombardarono da terra e dal mare la città con una serie di cannonate : erano grosse palle di pietra alcune delle quali sono ancora oggi visibili. La guarnigione aragonese che aveva in custodia la città si ritirò o non riuscì a fronteggiare l’attacco turco. Pertanto i cittadini vittime dell’attacco non ricevettero alcun aiuto da parte delle truppe del Re. La popolazione locale era composta da circa 10.000 abitanti (pescatori, agricoltori e piccoli commercianti) che non poterono far null’altro che fuggire di fronte all’avanzata turca e ai loro attacchi. Nel giro di due settimane il borgo medioevale cadde per l’abbandono della guarnigione e di tutti gli abitanti e Otranto perì quindi nelle mani dei Turchi; i quali iniziarono quel dì le razzie anche nei casali vicini.

Il 14 agosto 1480 i Turchi guidati da Gedik Ahmet Pascià, erano quindi su suolo otrantino dove continuavano a saccheggiare la città uccidendo chiunque; i cittadini di sesso maschile di età inferiore ai quindici anni furono trucidati anch’essi o catturati e mandati in schiavitù in Albania – sorte che toccò a donne e bambini. Circa 800 superstiti riuscirono a scappare e assieme al clero si rifugiarono nella cattedrale a pregare con l’arcivescovo Stefano Pendinelli. Ma furono catturati in un secondo momento; il Pascià Gedik Ahmet ordinò loro di rinnegare la fede cristiana. Ricevendone un netto rifiuto, il Pascià irruppe con i suoi uomini nella cattedrale dove fu proposta agli abitanti d’Otranto la scelta fra l’apostasia o la decapitazione. Forte della solida fede religiosa, Otranto si consegnò nelle mani del nemico affermando di voler morire in onore della fede di Cristo. In base alla tradizione, rispose per tutti Antonio Primaldo un vecchio cimatore di lana, che disse:
«Fin qui ci siamo battuti per la patria e per salvare i nostri beni e la vita. Ora bisogna battersi per Gesù Cristo e per salvare i nostri beni e le nostre anime».
Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo.
La cattedrale, celebre per uno dei mosaici pavimentali più belli di tutto il Medioevo, fu ridotta inizialmente a stalla per i cavalli e dopo poco tempo in Moschea.

Il 3 maggio 1481, Maometto II morì e il trono passò al figlio Bayezid II, il quale non nutriva interesse nella campagna militare italiana. La fuga dei Turchi da Otranto, pare sia stata determinata con tutta probabilità proprio dalla morte del sultano, cui faranno seguito le lotte intestine per la successione e la guerra fratricida tra i due figli del Sultano, Bayezid e Cem, che sarebbero stati distolti da ogni attenzione alla penisola italica. Mattia Corvino, genero del sovrano napoletano, pertanto decise di inviare a Otranto dei rinforzi : 300 cavalieri, 400 fanti, 5 capitani e una robusta artiglieria. Anche se i Turchi (che erano rimasti in numero minore), continuarono a fronteggiare gli Aragonesi, il loro assedio però si mutò in una guerra di logoramento. Nel giugno 1481, gli Aragonesi, scelsero di ricorrere ad uno stratagemma e inviarono ad Otranto delle prostitute che però avevano i vestiti infetti da peste.
Successivamente giunsero anche i rinforzi papali (il 23 luglio 1481) e ad agosto gli aragonesi prepararono un nuovo assalto. Infine gli Ottomani trattarono una resa che verrà stipulata fra l’8 e il 10 settembre 1481, che è il giorno in cui gli aragonesi entrarono nella cittadina e la liberarono. I Turchi tornarono nella loro patria. Ma altri come il Damaschino, per timore di una punizione per la resa accettata, rimasero in Italia.

Il 14 dicembre 1771 saranno dichiarati beati da papa Clemente XIV e canonizzati recentemente il 12 maggio 2013 da papa Francesco.
“fa per arme quattro pali vermigli per lungo in campo d’oro, sopra de’ quali è posto un Delfino(qui non riesco a tradurre bene, pare dica “stizzoso”)che tiene in bocca una mezza luna. L’origine di questa insegna fu nell’anno 1481 al tempo che Alfonso Duca di Calabria, figliuolo di Ferdinando Primo Re di Napoli discacciò i Turchi dalla città d’Otranto, e da gli altri luoghi convicini; onde volendo gli huomini di questa Provincia mostrare il gran beneficio, che il fio Re fatto loro havea in liberargli dell’empio Tiranno Maumetto secondo Re dei Turchi, alzarono la già detta insegna, mostrando per li quattro pali vermigli in campo d’oro l’arme del Re Ferdinando d’Aragona. Il Delfino no fu cosa novamente incentrata, già che anticamente, per quanto si scorge nelle medaglie, il Delfino con Nettuno erano proprie insegne del paese de’ Salentini, ma vi aggiunsero solamente la mezza Luna in bocca del Delfino, volendo dinotare, che la noua Signoria, che il Tiranno Maumetto s’havea ingegnato di occupare si bella regione, gli fù per la sollecitudine del valoroso Alfonso, e virtù de’ proprij habitanti tolta”.
CURIOSITA’
L’Università di Pisa ha analizzato uno dei teschi che presenta 16 fori nella superficie del cranio. Nella ricerca, il prof. Gino Fornaciari ha dichiarato: “La forma perfettamente a coppa delle perforazioni incomplete ci porta a ipotizzare l’uso di un particolare tipo di trapano, con una lama a forma di mezzaluna o un po’ tonda; uno strumento di questo tipo non potrebbe produrre dischi di osso, ma solo polvere di ossa”. A quanto risulta dagli studi etnici e antropologici in merito, l’estratto prelevato dai crani aveva la specifica funzione di creare medicinali e pozioni utili a curare individui affetti da epilessia, ictus e fenomeni apoplettici, durante un fenomeno più ampio noto come “Cannibalismo Medicinale”. Questa bevanda, che fu adoperata come rimedio farmacologico fino al XVIII secolo, si riteneva fosse in grado di scacciare i demoni e le entità negative che affliggevano il cervello del paziente.
Altra curiosità è che pochi mesi prima dell’attacco Turco, pare che il futuro San Francesco di Paola, che aveva fondato l’Ordine dei Minimi e che aveva costruito alcuni conventi in Calabria e in Sicilia, aveva inviato al re Ferdinando d’Aragona, una lettera in cui descriveva l’imminente invasione turca e pertanto lo invitava a tornare nel sud e ad abbandonare le diatribe con la Toscana, che erano guidate dal figlio Alfonso, ma non fu ascoltato. Ai suoi confratelli aveva detto: «Otranto città infelice, di quanti cadaveri vedo ricoperte le vie; di quanto sangue cristiano ti vedo inondata». Pare che il sovrano ordinò l’arresto del frate, additandolo come millantatore.
Due secoli prima anche l’abate Verdino da Otranto (morto nel 1279), dal monastero di Cosenza, aveva predetto: «La mia patria Otranto sarà distrutta dal dragone musulmano».
Al centro della cappella della cattedrale di Otranto vi è una statua della Madonna.
La sua storia ha dell’incredibile. La tradizione narra che durante la presa della città fu rubata da un soldato Turco che credeva fosse d’oro. Quindi la portò a Valona, ma quando vide che era solo di legno dorato la gettò via. In quella casa vi era una donna otrantina, tenuta come schiava, che riconobbe la statua della Madonna e quindi la raccolse. La padrona di quella casa, che era incinta, appena colta dalle doglie, partorì felicemente solo dopo le preghiere della sua schiava otrantina. Quindi per ricompensarla le dette il permesso di rimandare a Otranto la statua. La tradizione continua dicendo che, posta su una semplice imbarcazione, senza vela e senza nessuno a bordo, la statua da sola tornò ad Otranto. Dove anche qui fu recuperata quasi casualmente e riposta in cattedrale.
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a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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