L’acquedotto pugliese il più grande d’Europa – il grande Sifone Leccese del 1931 e il serbatoio di San Paolo in agro di Salice Sal (Le)

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ricerche a cura del dott Giovanni Greco

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L’acquedotto pugliese il più grande d’Europa – il grande Sifone Leccese del 1931 e il serbatoio di San Paolo in agro di Salice Sal (Le)

l’Acquedotto del Sinni, dorsale ionico-salentina dell’Acquedotto Pugliese

Federico II di Borbone fu il primo ad affrontare una soluzione per rifornire di acqua potabile la regione pugliese; e nel 1847 nominò una commissione con l’incarico di studiare il modo più pratico .
Fece parte della commissione il celebre fisico Antoine Cesar Becquerel, ma il problema risultò di difficilissima soluzione e le spese ingenti per la realizzazione di un qualsiasi progetto. Il giorno 3 ottobre 1861, il Consiglio Provinciale di Bari pose il problema dell’acquedotto e si pensò di interessare il nuovo governo nazionale di Torino. Le esplorazioni, intanto, continuarono affannosamente circa le riserve acquifere della Regione. Nel marzo del 1865 l’amministrazione Provinciale di Bari ed il Comune pubblicarono un “manifesto di concorso per conduttura delle acque” per un premio di Lit. 11.500. L’ingegnere De Vincentiis “vacheggiò” l’esplorazione di numerosi pozzi artesiani”. L’architetto Lerario aveva inventato una trivella che, “messa in determinati posti, avrebbe fatto zampillare l’acqua”. Ma il suo progetto fu dichiarato “non attendibile”.
Nello stesso anno il Prefetto della Provincia di Foggia propose un progetto di irrigazione e fece stanziare la somma di un milione per la progettazione ed esecuzione dell’opera. Ma lo stanziamento fu ridotto a sole seimila lire da darsi a colui che “meglio delineasse risultamenti pratici sul modo di rinvenire l’acqua e utilizzarla per usi agricoli”. Il premio fu vinto dall’ingegnere del Genio Civile Camillo Rosalba. Egli pensò di utilizzare le acque delle sorgenti e dei fiumi della Campania, dell’Irpinia, del Molise e della stessa Puglia “al fine di dare acqua potabile alle popolazioni e acqua, cioè ricchezza, alle terre arse”. Egli fu il vero ideatore della grandiosa opera dell’Acquedotto Pugliese; costui pensò alla captazione delle acque del Sele, del Calore, dell’Ofanto e del Cervaro. Ma in particolare egli pensava alle acque del Sele e sembrava dire: “allacciate e incanalate le acque del Sele e portate in Puglia quelle acque benedette da Dio”.
Cfr : http://www.comune.caposele.av.it/index.php?action=index&p=242

Nel 1868 Camillo Rosalba, Ingegnere foggiano del Genio Civile di Bari, ebbe quindi l’idea di realizzare un acquedotto che trasportasse l’acqua delle sorgenti Sanità di Caposele in provincia di Avellino, nell’alta Irpinia fino alla Puglia. L’idea venne poi ripresa nei decenni successivi dall’ingegnere Francesco Zampari, che il 23 maggio 1888 comprò le sorgenti del Sele dal comune di Caposele.

L’intuizione di Rosalba costituisce quindi la base di ricerca per i lavori della Commissione reale nominata, con D. M. del 27 maggio 1896, per lo studio delle questioni attinenti alle acque potabili e, in particolare, all’Acquedotto Pugliese. I lavori del progetto esecutivo per la realizzazione dell’Acquedotto, furono firmati dell’Ing. Capo del Genio Civile di Bari, Giovanni Battista Bruno. Tra i politici impegnati in quegli anni si distinguono l’On. Giuseppe Pavoncelli, che poi assumerà la carica di primo Presidente dell’Acquedotto e l’On. Matteo Renato Imbriani, firmatario della prima proposta legislativa. I lavori inizieranno nel 1906.

L’acquedotto pugliese è il più grande acquedotto d’Europa

ed è costituito da un complesso di di ‘tronchi’  e di infrastrutture acquedottistiche tra loro interconnesse e che si diramano dai canali principali permettendo l’approvvigionamento idrico a circa 300 comuni  fra Puglia e Campania. La prima importante realizzazione, che tuttora rappresenta la spina dorsale dell’intero sistema acquedottistico pugliese, è il Canale Principale, alimentato dalle acque del Sele e, a partire dagli anni 1870, da quelle del Calore. La sua costruzione, fortemente voluta, tra gli altri, da Antonio Jatta, fu avviata nel 1906. Difatti, non essendo il sottosuolo pugliese ricco di acqua facilmente estraibile, da sempre veniva adoperata l’acqua piovana raccolta in cisterne.

fontana piazza Umberto Bari 24 aprile 1915
Fontana dell’acquedotto pugliese datata 1914 (funzionante). È visibile la successiva marchiatura di epoca fascista.

In epoca giolittiana, pochi giorni prima dello scoppio del 1° conflitto mondiale, a Bari in Piazza Umberto alle ore 11:00 di sabato 24 aprile 1915 sgorgò la prima fontana, e quel giorno centinaia di persone accorsero festanti per assistere all’evento; nei giorni successivi giunsero in migliaia dalle città limitrofe per contemplare il miracolo dell’acqua che sgorga illimitata dalle fontane. Durante il fascismo, furono realizzati altri tronchi a servizio di zone non ancora raggiunte dall’acquedotto. Ma da Oria fino al Salento il prolungamento del Canale principale constava di un centinaio di altri chilometri. L’acqua corrente raggiunge Fasano nel 1921, Foggia nel 1924, Lecce nel 1927, grazie al completamento dell’imponente opera denominata “Grande Sifone Leccese” che costituisce il prolungamento del canale principale del “Sifone leccese”.

Nel nodo idraulico di monte Fellone, in agro di villa Castelli (BR), ha origine l’ultima grande diramazione dello schema Sele – Calore: il grande sifone leccese, che si sviluppa come ramo unico fino al serbatoio di San Paolo, in agro di Salice Salentino (LE); da San Paolo hanno origine il ramo adriatico, a servizio della fascia adriatica del Salento, e il ramo ionico, a servizio della fascia Ionica.

L’opera si concluse nel 1939, con l’ultima propaggine del Salento realizzata ai piedi del santuario di Santa Maria di Leuca, fino alla Cascata monumentale che sfocia nel mare. L’opera terminale fu inaugurata poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale da  Benito Mussolini, che per l’occasione fece portare direttamente da Roma la Colonna Romana Monolitica, installata lungo la discesa a mare e che affianca la cascata. Anche se per quell’evento Mussolini declinò all’ultimo momento e in sua vece inviò il ministro dell’educazione nazionale Bottai, che scoprì la targa ricordo nel XVII del regime.

La Cascata monumentale di Santa Maria di Leuca
Scalinata monumentale – Leuca

La Cascata monumentale di Santa Maria di Leuca ha una lunghezza di oltre 250 metri e un dislivello di 120 metri circa, con una portata di 1.000 litri al secondo che termina direttamente nel mare. La scalinata è costituita da due rampe, di 300 scalini a rampa, che scendono dal promontorio Japigio, sul quale sorge la Basilica Pontificia, fino al porto, in cui sfociano le acque della cascata, assecondando il gusto scenografico dal Duce. La fine dei lavori dell’Acquedotto terminarono molto dopo le previsioni iniziali a causa dello scoppio della II GM.

In Puglia Churchill progettò la prima incursione aerea, battezzata “Operazione Colossus”, per colpire l’Acquedotto pugliese l’11 febbraio 1941.

Sin dal 1928 gli inglesi conoscevano bene l’Acquedotto Pugliese, in quanto in vari numeri dei mesi di luglio, agosto, novembre del 1928, la rivista inglese Engineering di Londra aveva pubblicato corposi articoli su quest’Acquedotto Pugliese. L’Engineering era una rivista tecnica, per cui descriveva dettagliatamente (in lingua inglese ovviamente) tutti gli aspetti tecnici con dati, grafici e disegni dei progetti del ponte, i suoi canali, le gallerie e le varie sezioni architettoniche e ingegneristiche con estrema precisione scientifica. Gli stessi scritti furono riutilizzati nella II GM per il sabotaggio dell’Acquedotto Pugliese.

acquedotto base ponte lungo

La seconda guerra mondiale  scoppiò il 1 settembre 1939 e si concluderà l’8 maggio 1945 con la resa tedesca e in quello asiatico il successivo 2 settembre con la resa dell’Impero giapponese dopo i bombardamenti nucleari su Hiroshima e Nagasaki. Il 7 aprile 1939 l’Italia occupò l’Albania e due giorni dopo ne sancì l’annessione. Nel maggio 1939 Mussolini strinse il “Patto d’Acciaio” con la Germania, per poi dichiararsi, allo scoppio del conflitto, non belligerante.

acquedotto base ponte sezioni rid

Bene, Winston Churchill aveva progettato un’azione militare in Italia, battezzata “Colossus”, per colpire l’Acquedotto pugliese, con lo scopo di alleggerire la pressione nemica. Churchill impartì istruzioni per “portare la guerra oltre le linee avversarie”. La prima incursione “sperimentale” dei paracadutisti inglesi sarà in Italia meridionale nel 1941, col nome in codice di Operation Colossus.

paracadutisti inglesi durante l’Operazione Colossus per sabotare l’acquedotto pugliese 1941

Il Colosso era appunto quel canale principale dell’Acquedotto Pugliese, che riforniva acqua alla Puglia, con i porti e le installazioni militari di Bari, Brindisi e Taranto, quest’ultima base principale della Marina italiana. Obiettivo di questa operazione era il viadotto sul torrente Tràgino, nei pressi di Calitri, al confine tra Campania e Basilicata; questo viadotto era sul grande canale adduttore principale dell’Acquedotto Pugliese che riforniva d’acqua la Puglia ed i porti strategici di Taranto, Brindisi e Bari. Secondo gli inglesi la distruzione della struttura avrebbe ostacolato lo sforzo bellico degli italiani e ne avrebbe intaccato il morale.

Qui l’audio Major-General Deane-Drummond on preparations for the Tragino Raid” https://paradata.org.uk/media/846?mediaSection=audio

Questa missione è passata alla storia come primo lancio di guerra compiuto da paracadutisti inglesi durante la guerra. Per la missione furono scelti sette ufficiali e trentuno soldati dell’undicesimo SAS Battallion che formarono la X Troop. Questi soldati partirono la notte del 7 febbraio 1941 a bordo di otto bombardieri Whitley dall’aeroporto di Mildenhall, nel Suffolk, guidati dal maggiore Trevor Pritchard.

Curiosità

In occasione dell’Operation Colossus il Commando N° 2 delle Special Service Troops fu definito II Special Air Service. Il numero romano “II” (secondo) venne poi spesso letto come “11” (undicesimo). Inoltre, la denominazione Special Air Service (SAS) fu anche usata dai famosi Commandos che compivano sabotaggi in Nordafrica, per dare l’impressione al nemico che si trattasse di paracadutisti. Talvolta accade, perciò, che si parli dell’11 battaglione paracadutisti del SAS (Special Air Service).

Al tramonto del 10 febbraio sei Whitley, con a bordo trentacinque uomini, decollarono da Malta per arrivare sulla zona di lancio con solo dodici minuti di ritardo. Per imperizia dei navigatori inglesi il velivolo che ospitava il capitano Gerry Dely ed i suoi Royal Engineers che avrebbero dovuto sabotare l’obiettivo, finì fuori rotta e lanciò gli uomini molto lontano dall’obiettivo. Inoltre un accumulo di ghiaccio impedì lo sganciamento di alcuni contenitori di esplosivo ma, dato che il maggiore Pritchard disponeva ancora di 363 kg di esplosivo, si decise di continuare la missione.
La missione ebbe inizio con due esplosioni alle 12:30 dell’11 febbraio 1941. Giunti presso l’obiettivo gli inglesi costrinsero, con la minaccia delle armi, una dozzina di civili (tra cui alcune donne) abitanti nelle masserie dei dintorni ed un militare italiano a trasportare a braccia l’esplosivo dal punto in cui era stato paracadutato sino ai luoghi da minare; una delle squadre rimase in copertura mentre il tenente George Patterson minava l’acquedotto. Intanto il tenente Tony Deane-Drummond localizzò anche un altro ponte-canale di cemento sul torrente Ginestra, che fu a sua volta minato; tutte le cariche detonarono con successo, ed il ponte-canale, anch’esso facente parte del grande canale adduttore dell’Acquedotto del Sele, anche se di più breve lunghezza, fu enormemente danneggiato. Uno degli inglesi, ferito ad una gamba durante l’atterraggio, rimasto senza possibilità di muoversi in una delle masserie fu facilmente neutralizzato e disarmato poco dopo che i suoi commilitoni furono costretti ad abbandonarlo e le stesse donne, costrette poco prima a trasportare l’esplosivo, gli prestarono i primi soccorsi.
Alla mattina dell’11 febbraio gli incursori decisero di dividersi per poter raggiungere meglio il sommergibile, che li attendeva a più di 96 chilometri di distanza. L’allarme era però scattato e gruppi di civili, carabinieri e soldati italiani cominciarono a dare la caccia agli inglesi. Ma il gruppo di paracadutisti inglesi si arrese il 15 febbraio, a soli 30 Km dalla foce del Sele presso Monticchio Bagni. L’intero gruppo incaricato dell’azione fu fatto prigioniero.
Gli inglesi vennero tutti localizzati e presi prigionieri tre il 12 e il 15 febbraio, compresi i genieri dispersi del capitano Daly. La cattura più drammatica fu quella del gruppo comandato dal tenente Arthur G. Jowett nei pressi di Laviano. In uno scontro a fuoco Jowett uccise due civili armati e ferì un carabiniere, mentre gli inglesi ebbero un ferito, il geniere Crawford. Dopo la cattura i sette sabotatori rischiarono di venire uccisi dalla folla inferocita ma vennero salvati dall’intervento del generale Nicola Bellomo. Anche se gli inglesi avessero evitato i rastrellamenti la loro sorte era comunque segnata perché uno degli aerei che li aveva lanciati era precipitato in mare e aveva allarmato gli italiani, costringendo il sommergibile di recupero a ritirarsi. I prigionieri furono tutti riuniti nel carcere di Napoli e poi inviati nei campi di lavoro a Sulmona, tutti tranne uno. Fortunato Picchi, fervente antifascista e collaboratore degli inglesi, fu, infatti, fucilato come traditore a Roma.
I tecnici dell’Acquedotto Pugliese avendo previsto azioni del genere avevano preparato nei pressi di ogni ponte-canale grosse tubazioni di scorta per poter riparare i danni di un’azione bellica. Tra l’altro per evitare danni nel cuore delle adiacenti gallerie erano state previste subito dopo il loro imbocco reti di protezione anti siluro. Il danno fu riparato in due giorni e l’acqua, anche per la presenza di serbatoi nei pressi di tutti gli abitati serviti, mancò alla popolazione pugliese solo per poche ore. Il rifornimento ai porti di Bari, Brindisi, Gallipoli e Taranto e a tutti gli aeroporti pugliesi fu sempre assicurato. Ciò nonostante gli Inglesi affermarono che l’effetto sul morale degli Italiani di un lancio di parà nemici nel cuore della loro terra fosse molto grave.

“L’attacco all’acquedotto del Tragino in Italia il 10 febbraio 1942, da parte di un piccolo gruppo di paracadutisti, causò un danno materiale ed un intralcio minimo. Nondimeno, esso ebbe notevoli conseguenze indirette. Gli italiani erano stati così spaventati da questa azione da dirottare, immediatamente dopo, notevoli risorse umane e materiali per la protezione di ogni punto vitale del paese.” (Col. Berndt Horn, The Devil’s playground – The Airborne battlefield in WWII, Canadian Army Journal, 7.3/7,4 fall/winter 2004.) 

Cfr : http://www.storiedelsud.altervista.org/tragino/index2.htm

L’acquedotto del Pertusillo si interconette con quello idrico potabile del Sinni, alimentato dall’invaso di Senise, con potabilizzatore in agro di Laterza (TA). Nel nodo di Parco del Marchese l’acquedotto si biforca in due rami:

  • quello meridionale che, a gravità, alimenta le provincie di Taranto, Brindisi e Lecce
  • quello settentrionale che, mediante il sollevamento di Parco del Marchese, il più grande di Europa, alimenta prevalentemente le aree del Barese, attraverso la diramazione primaria denominata Gioia – Bari.

Nel 2015 presso il serbatoio di “Zanzara”, è stato inaugurato il primo tratto del terzo lotto dell’Acquedotto del Sinni. Il progetto della dorsale ionico-salentina per la realizzazione di una condotta di circa 37,5 km che collega il nuovo serbatoio di San Paolo, che si trova nel territorio di Salice Salentino, al serbatoio di Seclì. Il completamento di 12 km, permetterà di potenziare l’approvvigionamento idrico nelle marine di Nardò e Porto Cesareo e nei comuni di Veglie, Leverano e Copertino. Dal 2016 il nuovo acquedotto del Sinni è al servizio della dorsale ionica ha una lunghezza di 37,5 km è dimensionato per una portata di punta che può raggiungere i 1.400 l/sec, è in acciaio spessorato, idoneo a resistere a pressioni elevate, e collega il serbatoio San Paolo di Salice Salentino a quello di Seclì. Oggi Aqp è dotato di 10.000 chilometri di fogna e di circa 200 depuratori. La concessione per la gestione del servizio idrico scade il prossima 31 dicembre 2018.

Curiosità

La sigla AQP con cui viene definito l’Acquedotto Pugliese S.p.A., deriva dal primo logo utilizzato dalla società per azioni per sostituire l’ormai storico simbolo dell’Ente autonomo (costituito da una losanga con inscritta la sigla EAAP). Tale logo era costituito da due parentesi tonde, con interposta una lingua di colore azzurro, comprese tra le lettere A (per acquedotto) e P (per pugliese). Il simbolo intermedio schematizzava la sezione del Canale Principale da cui fuoriusciva un rivolo di acqua; tale simbolo però assomigliava molto ad una Q, da cui l’equivoco che ha determinato la sigla

Cfr :
http://www.aqp.it/portal/page/portal/MYAQP/PIANETA_ACQUA/La_storia_di_Pugliabella/Scarica%20la%20storia.pdf
http://www.lecceprima.it/politica/nuovo-acquedotto-sinni-salento-ionico.html
http://www.metropolinotizie.it/26114-2/
https://www.wikizero.com/it/Acquedotto_pugliese

Achille Cusani (Ingegnere Dirigente EAAP), Il grande sifone del Salento, Gius.Laterza & Figli Bari 1928. (ristampato negli anni ’90)
Michele Viterbo, La Puglia e il suo acquedotto con prefazione di Fabiano Amati e postfazione di Massimiliano Scagliarini, Laterza, Bari, 2009


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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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