Terra d’Otranto 1800 – Feudalesimo mai terminato all’ombra dei Borbone

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a cura del dott Giovanni Greco

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Terra d’Otranto 1800 – Feudalesimo mai terminato all’ombra dei Borbone

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Italia preunitaria

Una sorta di Feudalesimo che altro non era che una elite aristocratica (meridionale) che da parecchie generazioni impersonificava un feudalesimo stagnante, ossia una “casta” (si direbbe oggi) costituita da “non veri” rappresentanti della dinastia borbonica.

Dopo alcuni anni di studio sull’epoca borbonica, pare sempre più verosimile avallare (è una mia ipotesi) che, a differenza di quanto avveniva nel resto del Regno delle Due Sicilie, l’elite locale del Salento di inizi ‘800 abbia mantenuto uno stile parassitario ai danni delle comunità locali; un feudalesimo mai terminato che si è perpetuato all’ombra dei re di Napoli. Questa ipotesi può essere una chiave di lettura (nuova per alcuni) per spiegare il sorgere e il dilagare delle sette segrete e carbonare della Terra d’Otranto, nate l’indomani la sconfitta di Napoleone a Waterloo e il Congresso di Vienna (1815) e in seguito al conseguente avvio della Restaurazione dell’Ancien Régime; con quest’ultimo si avviava la ricostituzione del vecchio ordine feudale, riportando sul trono gli stessi sovrani spodestati da Napoleone. Essi vollero ripristinare gli antichi diritti – quelli dell’Ancien règime appunto. Concluso il Congresso di Vienna, si ricostituì il “Regno borbonico” in “Regno Delle Due Sicilie” (9 maggio 1815). Il re si fece nominare Ferdinando I.

Ma con il ritorno al potere delle antiche dinastie regnanti e delle precedenti leggi, costumi, guardie nazionali (…), nella Terra d’Otranto la popolazione paventava un ritorno a quello stile simil feudale con il quale le aristocrazie meridionali avevano oppresso le genti sino ad allora. Infatti nel tacco d’Italia e sulla scia del onda di libertà dell’esempio francese, si diffusero i nuovi fermenti rivoluzionari e non casualmente si costituirono le società segrete, le quali ebbero il favore di molti elementi della borghesia cittadina (come artigiani e mercanti), che non avevano perdonato al sovrano borbonico la sua politica favorevole ai grandi proprietari terrieri.

In questa chiave di lettura, direi che nel sud (e anche nel Salento) l’opposizione all’Ancien Regime era indirizzata genericamente alla dinastia dei Borbone, ma concretamente era rivolta ai loro rappresentanti locali; ossia quella elite aristocratica meridionale che da parecchie generazioni impersonificava un feudalesimo stagnante. Quindi una “casta” si direbbe oggi (costituita da “non veri” rappresentanti della dinastia borbonica), la quale tornava a tormentare e ad opprimere le poveri genti. Lo scontro e la reazione diveniva irreparabile. Ecco quindi una lettura del perchè particolarmente nel Salento di inizio Ottocento, dilagarono sette segrete e carbonare.

Già sin dal 1700 il governo dei Borbone aveva posto attenzione al problema del Feudalesimo in Terra d’Otranto. In quel secolo studiosi come il Giuseppe Palmieri e altri, con la concezione Illuministica dello Stato, avevano tentato di opporsi al regime del baronaggio feudale, che perdurava ancora nel XVIII sec. Questo regime (feudale) fu inteso come “regime mostruoso e il più opposto all’armonia sociale”. Cfr : V. Valsecchi L’Italia nel Settecento (1714.1788), vol VII, 1° ed. Milano 1959, pag 760-761. Difatti il baronaggio del 1700, conservava delle prerogative che “usurpavano il potere allo Stato, che facevano del feudo un piccolo stato nello stato. Rimane il diritto di esercitare la giustizia e di esigere tributi, che sottopone i sudditi all’arbitrio del feudatario. Tutti residui di una concezione politica e sociale ormai superata, che andavano eliminati”.

E’ sorprendente e anche “illuminante” (…) dare una consapevole rilettura al volume più noto di David Winspeare, la Storia degli abusi feudali del 1811, notizie sul feudalesimo in Terra d’Otranto, nel quale si ha un’ampia e dettagliata documentazione; il questo volume si stabilì che in poco meno di tre anni, vi furono ben 1.395 vertenze in ordine ai diritti feudali, oltre a quelli di cui godeva in tutto il regno, cioè i diritti sulle persone e sulle proprietà private. Qui è anche efficacemente delineata la storia e la struttura del sistema feudale, il quale, a detta dell’autore, aveva promosso all’interno della società e in tutte le parti dell’ordinamento statuale un’accesa e deleteria rivalità. E, soprattutto nel contesto del Regno di Napoli, esso si era sviluppato in modo artificioso, non spontaneo, passando di dinastia in dinastia, per provare «l’esperimento dei mali di tutte le nazioni», generando guerre intestine, rozzezza nei costumi e nella cultura, nonché contrasto alla giustizia. Il sistema feudale per Winspeare era «semplicemente come un “mostro”, uscito dalle foreste dei barbari ed allevato dalla ignoranza e dagli errori di tredici secoli», che era stato sconfitto solo con l’avvento dell’Illuminismo.

Non a caso già nel 1817 i Borbone inviarono in Terra d’Otranto il marchese di Pietracatella Giuseppe Ceva Grimaldi, nella qualità di “Intendente della Provincia”, nel suo “viaggio dell’Intendente borbonico da Napoli a Santa Maria di Leuca“, col delicato compito di conoscere ed eventualmente sedare le azioni violente di gruppi di carbonari e di briganti.

Ma quello del feudalesimo era un problema che si trainava di dinastia in dinastia e che aveva generato decenni di povertà e pressione tali da esplodere con la Restaurazione dell’Ancien Régime quando, a mio avviso, sfociò la rabbia repressa negli anni precedenti dalla maggior parte della popolazione meridionale (e salentina); e questa rabbia trovava sfogo nel grido di libertà offerto dai moti rivoluzionari di inizio del XIX secolo quando, tra la fine degli anni ’10 e gli inizi degli anni ’20, sorsero per l’appunto le svariate sette carbonare e massoniche della Terra d’Otranto, nelle quali confluivano varie correnti; non solo esponenti del popolo (gente dal basso), ma anche aristocratici (sia filo-borbonici, sia anti-borbonici), ma anche gente del clero (sia filo-borbonici, sia anti-borbonici), o la classe borghe­se … ma anche confluirono in queste sette “vili ladri di galline” diranno alcune cronache contemporanee.  Con l’esempio dei moti carbonari francesi quindi, nel Salento sorse in quel peridodo di inizio ‘800, la coscienza della necessità di crerare un progetto carbonaro fra le province, quale unica soluzione per togliersi dal giogo oppressivo imposto dalla maggior parte delle aristocrazie locali (…) lontane fisicamente e ideologicamente dai Borbone in Napoli. Nella Terra d’Otranto queste sette carbonare videro l’adesione di masse contadine e non solo; tutti volevano un nuovo governo e riforme radicali; pretendevano la distribuzione delle terre e la riduzione delle tasse, come quella sul sale. La necessità di rivendicare i diritti basilari era divenuta la priorità. Il quadro complessivo pertanto, era abbastanza frastagliato. La ricerca della libertà e dell’autonomia portò all’aggregazione in sette di professionisti, artigiani, commer­cianti, ufficiali dell’esercito, rappresentanti del basso clero, e dei piccoli proprietari terrieri. I borghesi (la nuova classe dirigente di quei tempi) erano contro la vecchia aristocrazia feu­dale; e ad esempio la nascente società segreta dei Filadelfi si batteva per la Costituzione ma anche per l’instaurazione della Re­pubblica rivendicando la riforma agraria, l’abolizione della proprietà privata delle terre e la loro distribuzione ai contadini.

Ad esempio la setta dei Filadelfi ad Andrano (Le) del 1821. Se da un lato questa setta si opponeva ai ricchi possidenti locali, dall’altro essa riuscì anche a intimorire anche l’intera popolazione.

1834 cattiva amministrazione finanziaria della TERRA D’OTRANTO descritta nella Corografia dell’Italia

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David Winspeare – 1811, Storia degli abusi feudali : notizie sul feudalesimo in Terra d’Otranto


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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”. BelSalento è un progetto a cura del dott Giovanni Greco

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i miei viaggi in Europa dal 1996 al 2014 – Giovanni Greco


 

 

 

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