Salento antica patria della tessitura al telaio in legno di ulivo

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ricerche a cura del dott Giovanni Greco

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Salento antica patria della tessitura al telaio in legno di ulivo

Vecchio telaioUna delle più antiche pratiche artigianali salentine è la tessitura. Il telaio tradizionale salentino, di origine antichissima, funzionava a pedali, aveva forma rettangolare ed era fatto generalmente con legna d’ulivo. Per secoli, filatrici e tessitrici hanno tessuto ricami, merletti e pizzi, tovaglie, copriletti e asciugamani, corredi di pregio. tramandando l’esperienza artigianale di madre in figlia. Ordire e tessere era forse l’arte domestica più complessa che una donna di casa potesse affrontare.


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Anticamente era una consuetudine mandare le ragazze “a lla méscia” (maestra) per imparare l’arte della tessitrice, della sarta o della ricamatrice. I merletti più conosciuti sono “il chiacchierino”, fatto con la spoletta sulle dita, e poi ancora “il tombolo”.

Musei tessili nel Salento
Il Salento è stato la patria dei ricami negli anni ’70 ed ’80 ed è relativamente recente il processo di riscoperta anche perché, soprattutto la tessitura, aveva spesso una dimensione prettamente domestica.

  • A Lecce (Casalabate) nel Museo Provinciale delle Tradizioni Popolari “Abbazia di Cerrate”, all’interno di alcuni locali, si può indagare questa caratteristica: in alcuni ambienti che riproducono la tipica casa popolare del Salento, oltre a cucina e camera da letto, è riprodotta “la stanza dei telai” dove le donne tessevano i tessuti d’uso quotidiano e per la dote delle figlie.
  • A Castrignano dei Greci è stato recentemente inaugurato un Museo del ricamo a mano e dei pizzi. é ospitato nel Castello, che già da se vale una visita.
  • A Nardò il Museo della Civiltà Contadina, opera dell’associazione culturale Amici del Museo di Porta Falsa, raccoglie un impressionante numero di attrezzi e suppellettili propri della civiltà contadina di Nardò e del Salento. Tra questi delle meravigliose testimonianze, splendidamente conservate, di attrezzature legate alla cultura tessile e, in particolare, alle operazioni di filatura  della lana e del cotone. 
  • A Tuglie nel Museo di Storia contadina sono visibili un telaio e altre strumentazioni legate alla tessitura, con particolare riferimento all’antico uso della bachicultura nel Salento.

L’invenzione dei telai meccanici per la fabbricazione dei merletti e anche la diffusione della macchine per cucire se da un lato hanno agevolato il lavoro della tessitura, la stessa macchinizzazione ha anche sconvolto il modo di considerare i tessuti, non più concepiti come oggetti costosi di status symbol, ma semplici componenti di abbigliamento o di arredo. Abbiamo alcuni manufatti tessili dell’800 (residui del tempo e superstiti alle innovazioni della tecnica) che sono tutt’ora presenti nel “Museo del ricamo a mano dei pizzi e dei merletti” di Castrignano dei Greci, che è l’unico museo della provincia di Lecce sull’arte tessile. Mentre dalle rare fonti scritte scopriamo che nella seconda metà del ‘700, in Lecce era presente la lavorazione di merletti  (v. C. U. De Salis Marschlins, Nel regno di Napoli: Viaggi attraverso le province nel 1789, rist. Galatina 1979). La tecnica del ricamo ha origini molto antiche e nel Salento la comunità  magliese, ha avuto una fiorente produzione artigianale del ricamo conosciuta come “Punto Maglie” un ricamo ad ago con figure realistiche e geometriche.

Nel 1901 nel Salento, a Casamassella e a Maglie nel 1905, nasce la scuola di ricamo denominata “Scuola di Casamassella. Casamassella è un paesino di mille abitanti vicinissimo ad Otranto, oggi frazione di Uggiano La Chiesa. La Scuola d’Arte applicata all’industria (un polo formativo che nel 1907 contava già 500 allieve), fu voluta da Carolina Starace De Viti. figura di spicco del mondo dell’imprenditoria all’epoca a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. Figlia del marchese Raffaele De Viti De Marco e Lucia Troysi, e sorella di Costanza, la madre del poeta Girolamo Comi.
Donna Carolina, in seguito ai suoi viaggi in diverse località italiane potè raccogliere inventari di tecniche e modellari per ricami che poi diffuse in tutto il Salento e nella scuola di Casamassella con l’uso di telai di legno a quattro licci. La sua scuola di ricamo la “Scuola di Casamassella”, vantava collaborazioni con l’associazione “Aemilia Ars” di Bologna. Nel 1906 ottenne anche la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano; e potè esportare i lavori d’ago delle ricamatrici salentine in tutto il mondo. Dopo qualche anno arrivò il lino dall’Irlanda, e i ricami si cominciò a venderli in America e in Russia aprendo un fiorente mercato mondiale che rimase attivo per tutta la durata dell’attività della scuola. Donna Carolina aveva due figlie: Lucia e Giulia Starace, Quest’ultima perfezionò la tessitura, nel castello di famiglia impiantò un laboratorio di tessitura e importò nel Salento la razza pregiata di pecore, le “Karakul”, che hanno la lana di color nero e che non necessitava di tinture; pertanto poteva essere utilizzata al naturale. Successivamente si incominciò a tessere la bambagia e la lana per la produzione di coperte, tappeti ed arazzi. La riforma fondiaria del nuovo progresso fece terminare la produttiva azienda della scuola di Casamassella.

RICAMO A CHIACCHIERINO E A TOMBOLO

Il ricamo al “chiacchierino” è un tipo di arte manuale che vanta un discreto seguito in varie parti del mondo. Le sue origini risalgono agli inizi del 19° secolo. La difficoltà d’esecuzione è probabilmente causa della sua poca diffusione, a vantaggio di altri strumenti più comuni per il ricamo come l’uncinetto o l’ago. Mentre “il chiaccherino” è fatto con la spoletta sulle dita, e poi ancora “il tombolo” (Tombulu), con la famosa tecnica di intrecciare i fili intorno ad altri puntati su un disegno, sistemato su un grosso cuscino cilindrico imbottito. Con il termine tombolo si indicano sia il merletto in sé che lo strumento usato per realizzarlo. Il pizzo delicato e raffinato, viene realizzato con filo di cotone molto sottile, ed è stata una arte del ricamo che ha richiesto esperienza e pazienza, che in genere veniva tramandata di generazione in generazione dalle madri alle figlie. Questa forma di ricamo è molto antica, pare risalire addirittura all’epoca etrusca.

Per l’esattezza il Tombolo è il cuscino, ma il lavoro eseguito su di esso si chiama “Merletto a Fuselli”. Non è un ricamo, proprio perché viene lavorato con i fuselli e non con l’ago e questo vale anche per il “Chiacchierino”, realizzato con la navetta o spola.

IL TELAIO

“Lu telaru”, era il telaio, ossia lo strumento con il quale le donne tessevano indumenti o più spesso scialli, panni, corrdi. Ogni famiglia, appena agiata, disponeva di un telaio per tessere. Spesso era consegnato in dote alla sposa o passato dalla madre alla figlia sposata per provvedere per tempo alla dote della nipote. La tela che si otteneva dal telaio proveniva dalle fibre vegetali (cotone e lino) e dalla lana delle pecore salentine, la cosiddetta moscia leccese,  caratteristica per la consistenza fibrosa e più adatta per realizzare panni ruvidi e tappeti, o per tessere “lu sciallu”, lo scialle per coprire il capo.  Si tesseva generalmente cotone per lenzuola, stoffa per camicie, asciugamani, fasce per neonati. Si tesseva con il telaio ”a pedali”, di forma rettangolare, in legno d’ulivo, mentre l’azione del tessere era detta “ntramare” che significa tramare.

I termini dialettali di quest’arte della tessitura sono destinati a scomparire : macinulafusifierru, canneddru, misula, cintruni, spineddhre, cacchiula, lizzi, pulicaru, zinzuliera, Suju, chiai, Pisara, Spulicaturi, Pulariche, Sciuscitta.
Nella zona di Grottaglie i termini antichi usati erano non  molto dissimili da quelli usati nell’area salentina. Dal telaio grottagliese “tuláru”, venivano fuori “tóccri” (rotoli) di tessuti di varie lunghezze e larghezze per realizzare: “cauzunétti” (mutande di tela ruvida per uomini), “fazz’littúni” (scialli di grandi dimensioni), “gghiasciúni” (lenzuola), “matarazzi” (materassi), “pezzi” (stoffe per strofinacci), “sacchettóddri”  (sacchetti per bambini), “sarviétti” (tovaglioli), “sprájini” (panni di tela per avvolgere i neonati), “tuágghji” (tovaglie), “tuagghjúli” (fazzoletti), “visazzi”  (bisacce), e altro ancora.


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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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Se la conoscenza può creare dei problemi, non è con l’ignoranza che possiamo risolverli (Isaac Asimov)

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