Le origini di Babbo Natale

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ricerche a cura del dott Giovanni Greco 599619_569079196439100_738648499_n

Le origini di Babbo Natale

Natale è una delle feste fra le più amate sia dai bambini che dai grandi. E’ tradizione comune scambiarsi regali in segno di buon augurio per l’anno che arriva. Nella fantasia di ognuno è presente la figura buona di Babbo Natale con la sua barba bianca che ci porterà quei doni se siamo stati bravi e se ce li meritiamo. Ma dove nascono le origini di Babbo Natale? E lo scambio dei regali? Come nasce questa festa ? E come si è sviluppata ?


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Babbo Natale nasce da un intreccio di leggende, tradizioni e culture europee che col passare del tempo hanno modificato questo personaggio, delineandone i tratti attuali.
In principio la cultura classica greca narra che Poseidone, dio del mare, fosse un dispensatore di doni. Sempre nell’antichità anche il dio greco Nickar, fu ritenuto  un dio molto generoso, tanto che infatti il futuro San Nicola (Santa Claus), nei primi anni di consacrazione,  venne chiamato “il marinaio” e molti templi dedicati a Poseidone vennero riadattati alla figura del Santo. La figura del regalo di Natale in realtà nasce a Roma, intorno al 46 a.C. con la riforma del Calendario di Giulio Cesare che fece coincidere la data dell’inizio dell’anno con il 1 gennaio, ossia con la Festa del Sole. Il primo gennaio i Romani invitavano a pranzo gli amici e si scambiavano un vaso bianco con miele, datteri, fichi e ramoscelli d’alloro, come augurio di fortuna e felicità. Queste erano le strenne e i rametti di aloro venivano presi lungo la via sacra a una dea  sabina: Strenia  che era ritenuta apportatrice di fortuna e felicità. La “strena” quindi era un dono che voleva essere un “presagio fortunato”. In seguito le “stranae” festeggieranno il “dies natalis”. Ed erano doni di ogni tipo, legati sia alla nascita di Gesù, sia all’anniversario dell’ascesa al trono dell’Imperatore. E quel modo di scambiarsi regali divenne il simbolo di una prosperità che si sperava di protrarre per l’intero anno.san-nicola Nel IV secolo in Turchia, San Nicola (futuro Santa Claus) divenne vescovo di Myra in Licia, dove morì. Di questo santo si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque bambini che erano stati rapiti e uccisi da un oste e, per questa ragione, divenne in breve tempo il protettore dei bimbi! San Nicola era un santo fondamentale anche per i veneziani, in quanto protettore dei marinai. E con la città di Bari si scatenò una vera e propria “corsa alle reliquie”, finite in territorio musulmano, per accaparrarsele in anticipo sull’avversario. Le sue spoglie infatti vennero conservate nella cattedrale Turca fino all’inizio dell’anno 1000, quando dei cavalieri italiani rubarono la salma e la portarono in Puglia, grazie all’aiuto di alcuni pescatori. A Bari si costruì un’apposita basilica nel 1807, divenendo quindi un luogo di pellegrinaggio famoso ancora oggi. San Nicola è appunto il patrono di Bari. Parte delle Sante Reliquie, rimaste a Myra, furono in seguito rinvenute dai veneziani e traslate nella chiesa ed abbazia di san Nicolò a Lido di Venezia, l’omero sinistro si trova tuttora quasi integro a Rimini ed altre ossa sono sparse per l’Europa.

Si dice che l’uomo, in seguito santificato, decise di portare il cristianesimo sino alle zone più fredde del continente; in quei luoghi bui e desolati i bambini andavano difficilmente a messa, a causa delle temperature gelide e del clima ostile. San Nicola trovò un nuovo metodo per diffondere il suo credo e la storia di Gesù: iniziò a recarsi di casa in casa portando con sé un dono per ogni ragazzino. Tutte queste cose venivano trasportate dai parroci su una slitta trascinata da cani.

La Tradizione Germanica

babbo-natale-tradizione-germanicaLa Tradizione folkloristica Germanica, è forse più vicina a quella comune: “Prima della conversione al cristianesimo, il folklore tedesco narrava che il dio Odino (Wodan) ogni anno tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio invernale (Yule), accompagnato dagli altri dei e dai guerrieri caduti.
La tradizione voleva che i bambini lasciassero i propri stivali nei pressi del caminetto, riempiendoli di carote, paglia o zucchero per sfamare il cavallo volante del dio, Sleipnir. In cambio, Odino avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi. Questa pratica è sopravvissuta in Belgio e Olanda anche in epoca cristiana, associata alla figura di San Nicola.
I bambini, ancor oggi, appendono al caminetto le loro scarpe piene di paglia in una notte d’inverno, perché vengano riempite di dolci e regali da San Nicola. A differenza di Babbo Natale, in quei luoghi il santo arriva ancora a cavallo. Anche nell’aspetto (quello di vecchio barbuto dall’aria misteriosa), Odino era simile a San Nicola (anche se il dio era privo di un occhio).
La tradizione germanica arrivò negli Stati Uniti attraverso le colonie olandesi di New Amsterdam e New York prima della conquista britannica del XVII secolo, ed è all’origine dell’abitudine moderna di appendere una calza al caminetto per Natale, simile per certi versi a quella diffusa in Italia il 5 gennaio all’arrivo della Befana.
Un’altra tradizione folkloristica delle tribù germaniche racconta le vicende di un sant’uomo (in alcuni casi identificato con San Nicola) alle prese con un demone (che può essere, di volta in volta, il diavolo, un troll o la figura di Krampus). La leggenda narra di un mostro che terrorizzava il popolo insinuandosi nelle case attraverso la canna fumaria durante la notte, aggredendo e uccidendo i bambini in modo orribile. Il sant’uomo si pone alla ricerca del demone e lo cattura imprigionandolo con dei ferri magici o benedetti (in alcune versioni gli stessi che imprigionarono Gesù prima della crocifissione, in altri casi quelli di San Pietro o San Paolo). Obbligato ad obbedire agli ordini del santo, il demone viene costretto a passare di casa in casa per fare ammenda portando dei doni ai bambini. In alcuni casi la buona azione viene ripetuta ogni anno, in altri il demone ne rimane talmente disgustato da preferire il ritorno all’inferno.
Altre forme del racconto presentano il demone convertito agli ordini del santo, che raccoglie con sé gli altri elfi e folletti, diventando quindi Babbo Natale”.

Una delle tante Leggende

Una delle tante leggende che resero famoso San Nicola e gli fece meritare l’appellativo di paladino di tutti i bambini, ha origine nel racconto del greco Michele Archimandrita (IX sec), poi ripreso da Dante nella Divina Commedia (Purgatorio XX, 31-33): un nobiluomo caduto in miseria era disperato perché non aveva la dote per far sposare le tre figlie. San Nicola, mosso a pietà dai suoi lamenti, decise di lanciare attraverso la finestra tre sacchi di monete in tre notti. Le prime due notti tutto andò per il verso giusto ma, durante la terza, la finestra venne chiusa dalla governante. Il Santo, deciso a perseverare nell’impresa, si arrampicò sul tetto e calò nel camino il sacco di denari, che andarono a finire in una delle calze appese ad asciugare proprio sul camino.

La Trasmigrazione del nome e della sua immagine

Venerato in tutta Europa, San Nicola è considerato il patrono di adulti, marinai, mercanti, arcieri, bambini, prostitute, farmacisti, avvocati, prestatori di pegno, detenuti. San Nicola è stato  Il primo portatore di doni della storia e il suo culto si è diffuso soprattutto in Europa centro settentrionale ed orientale. In Belgio e in Olanda le leggende lo ricordano in groppa ad un asinello bianco oppure a cavallo, andare nelle case per portare doni ai bambini buoni. Quando i primi gruppi di immigrati olandesi giunsero in America, questi fondarono “Nuova Amsterdam”, che poi diverrà “New York”. E con loro trasmigrò anche la tradizione di San Nicola, Sanctus Nicolaus che nella loro lingua si chiamava Sint Nicolaas o Sinter Klass che erano le festività natalizie olandesi; i coloni inglesi poi, trasformarono quel nome in Santa Claus.

La sua immagine divenne oggetto di un’intensa “campagna pubblicitaria” d’altri tempi: nel X secolo era protagonista di numerosi canti gregoriani, molti bambini vennero battezzati con il suo nome e divenne protettore degli studenti. Nel 1130 era rappresentato sulle monete normanne, in ricordo del suo impegno per salvare alcune ragazze dalla prostituzione. Porta una mitra rossa (copricapo liturgico) con una croce dorata e si appoggia ad un pastorale. Il richiamo al Vescovo di Mira città della Turchia è molto evidente. Santa Claus ha un cavallo bianco con il quale vola sui tetti. I suoi aiutanti scendono nei comignoli a lasciare doni nelle scarpe dei bambini buoni. Non c’è da stupirsi della grande varietà di leggende che sono circolate nel corso dei secoli, poiché ogni popolo volle maneggiare la storia secondo le proprie usanze, fino a renderla una caratteristica intima e peculiare della propria cultura. Secondo gli islandesi, per esempio, i doni sarebbero stati consegnati da tredici folletti, e ognuno aveva un nome diverso in base al proprio cibo o attività preferita. Sono stati descritti come esseri dispettosi e severi, quindi, se si presentava il caso di un bambino cattivo, non gli avrebbero consegnato nessun dono, bensì una patata.

A quanto pare l’aspetto moderno di Santa Claus ha assunto la forma definitiva con la pubblicazione della poesia di Clement Clarke Moore, scrittore e linguista di New York “Una visita di San Nicola”, “A Visit from Saint Nicholas” più nota con il titolo La notte di Natale (The Night Before Christmas avvenuta sul giornale Sentinel della città di Troy (stato di New York) il 23 dicembre 1823. Moore rappresentò il santo di origine anatolica come un elfo rotondetto, con barba bianca, vestiti rossi orlati di pelliccia, alla guida di una slitta trainata da renne e latore di un sacco pieno di giocattoli. 

L’autore del racconto è tradizionalmente ritenuto Clement Clarke Moore anche se l’attribuzione è controversa. Santa Claus viene descritto come un signore un po’ tarchiato. A sua disposizione ci sono otto renne che vengono nominate per la prima volta con i nomi di Kasher, Dancer, Prancer, Vixen Comet, Cupid, Dander e Blitzen. Fu aggiunta in seguito Rudolph, la nona renna, in una canzone di Gene Autry.

merryoldsantaAll’inizio Santa Claus venne rappresentato in costume di vario colore, assumendo man mano su di sé i caratteri di Babbo Natale. Uno dei primi artisti a fissare l’immagine di Santa Claus nella forma che conosciamo oggi è stato il cartonista americano Thomas Nast allorchè nel 1860, il Presidente americano Abraham Lincoln, chiese al caricaturista T. Nast (emigrato dalla Germania nel 1846 a New York), di ridicolizzare l’immagine del Santa Claus tedesco e quindi come arma di guerra psicologica nei confronti della Germania. Thomas Nast tra il 1862 e il 1886 disegnò una serie di celebri tavole dedicate al personaggio che ormai era stato associato alle festività natalizie. Nel 1863 l’immagine di Santa Claus apparve sulla rivista Harper’s Weekly, Nast lo ingrassò, enfatizzò le curve con una cinta nera in vita e le guance rosse; e fece nascere Babbo Natale nel Polo Nord, e sono una sua creazione anche la lista dei bambini buoni e cattivi e la fabbrica dei giocattoli dove lavorano gli gnomi aiutanti.8261713052_f93056fab0_oQuesta è una illustrazione di Nast su Santa Claus durante la Guerra Civile americana del 1863

La divisa rossa ben presto divenne il colore predominante a partire dalla sua comparsa sulla prima illustrazione di una cartolina di auguri natalizi nel 1885 o 1886 ad opera del tipografo Louis Prang in America a Boston.

article-2253024-16a57ec9000005dc-649_634x815La figura di Babbo Natale apparve vestita di rosso e bianco in alcune copertine del periodico umoristico statunitense Puck, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.  Puck, dal 1871 fino al 1918, ha pubblicato settimanalmente nella prima rivista di umorismo Americana. La mascotte era il “Babbo Natale” evidentemente ispirato al personaggio del “Sogno di una notte d’estate” di Shakespeare. La rivista era pubblicata in inglese e in tedesco,ed era caratterizzata da cartoni animati e satira politica.

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Vi è stato anche un Babbo Natale vestito di rosso in una cartolina russa dei primi del ‘900.

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Sempre la figura di Babbo Natale fu impiegata nelle pubblicità della White Rock Beverages di San Francisco, per la vendita di acqua minerale nel 1915 e per la vendita di ginger ale nel 1923.

Le immagini di Santa Claus si sono ulteriormente e definitivamente fissate nell’immaginazione collettiva grazie al loro uso nella pubblicità natalizia della Coca Cola realizzata da Haddon Sundblom nel 1931foto-babbo-natale-coca-cola

Gli abiti di Santa Claus sono simili a quelli di un Vescovo. Nel giorno della sua festa (6 dicembre) era tradizione scambiarsi doni. Santa Claus nel giorno di Natale regalava doni ai bimbi buoni (di cui è patrono) calandosi per il camino. È in questa forma che la sua figura si diffuse negli Stati Uniti. Da lì, alla fine della seconda guerra mondiale, venne diffusa dai soldati americani in Italia, dove il nome del personaggio venne italianizzato in Babbo Natale.

La figura di Babbo Natale col tempo è stata ripresa e riproposta in chiave pubblicitaria e consumistica; ciò ha provocato le critiche di alcune frange più tradizionaliste delle chiese cristiane che disapprovano l’enfatizzazione del Babbo Natale più secolare e gli aspetti materialistici dello scambio di doni in occasione della festa. Alcuni vescovi italiani si sono espressi contro Babbo Natale, rammaricandosi per la commercializzazione delle festività natalizie con il conseguente tradimento del loro significato originale:

« …sempre più violenta e intollerante si fa la cultura di babbo natale (volutamente scritto con iniziali minuscole) che […] con il Natale cristiano non ha nulla da spartire. […] Sta scippando e defenestrando il Natale cristiano per buttarlo fuori dalla scena del sociale che conta, […] [in] modo strategicamente vincente, poiché si avvale della potenza suasiva dei mass media di maggior audience, che puntano le carte sulla carica emotiva, e del mercato economico, per estirpare le radici cristiane rendendole innocue, alterandone i geni »

(Giuseppe Zenti, articolo pubblicato dal settimanale diocesano L’Azione, 3 dicembre 2006)


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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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