L’abbazia di San Nicola di Casole

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a cura del dott Giovanni Greco, Francesco De Cillis e Rita Paianomedioevo

L’abbazia di San Nicola di Casole

abbazia di San Nicola di Casole – Otranto

L’Abbazia del Monastero di San Nicola di Casole ha rappresentato una delle testimonianze più importanti della diffusione del monachesimo basiliano nel Salento medioevale, grazie soprattutto alla produzione letteraria e ai suoi codici che furono conosciuti ed apprezzati nell’Europa dei primi decenni dell’anno mille. Infatti, con molta probabilità il Monastero è stato il più ricco d’Europa di quei tempi e la sua biblioteca era la più grande e fornita di testi; raggiunse il suo massimo splendore tra l’XI ed il XIII secolo. Il monastero irradiava la dottrina degli antichi testi e lo studio della lingua greca in tutta la terra d’Otranto. Sul luogo esistevano altari, cripte e casupole dove i monaci andavano a pregare (casole, in dialetto salentino, da qui il nome S. Nicola di Casole).


Federico II

OTRANTO I NORMANNI E FEDERICO II.
Con l’arrivo dei Normanni, dal 1070, Otranto è spogliata della sua identità e autenticità. E’ insofferente anche il suo monastero greco di San Nicola di Casole. Otranto era greca per pelle e deve accettare rito, liturgia, lingua e strutture latine. I monaci greci sono spogliati anche dal metochion o residenza urbana che avevano a Costantinopoli.
Successivamente Federico II di Svevia, invece, si cala nella realtà otrantina, simpatizza con il mondo greco e concede Costanza sua figlia come sposa all’imperatore greco Giovanni III.
Così i monaci di San Nicola di Casole si sentono più vicini a Federico II che ai latini, considerandolo come loro protettore.


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A Parma il più antico manoscritto della lingua salentina del 1072 con caratteri ebraici

L’abbazia di San Nicola di Casole, situata a pochi chilometri a sud di Otranto, fu fondata nel 1098 o 1099 per volere di Boemondo I, principe di Antiochia e di Taranto e figlio di Roberto il Guiscardo. Molto probabilmente il monastero fu ampliato e ristrutturato su un’insediamento preesistente. Il nobile normanno donò l’appezzamento sul quale fu costruito il cenobio ad una comunità di monaci italo greci e concesse loro dei fondi cospicui. Tale scelta, tuttavia, non fu uno slancio di generosità. Il popolo normanno, infatti, giunto in Terra d’Otranto nell’XI secolo, mirava ad accaparrarsi la benevolenza dei salentini e dei Greci presenti in questa zona.

Nel corso del XII e XIII secolo conobbe una grande fioritura artistica e letteraria con la presenza del circolo poetico capeggiato dall’Abate Nicola Nettario (1155-1160) e seguito in età federiciana da Giovanni Grasso, protonotario e maestro imperiale tra il 1219 ed il 1236, suo figlio Nicola d’Otranto ed infine Giorgio da Gallipoli. Nel 1071 Otranto era l’ultima roccaforte della cultura bizantina in Occidente e nell’Italia Meridionale la dominazione normanna iniziva a subentrare a quella bizantina.
E’ innegabile la definizione di Casole quale ultima roccaforte della cultura greca in Occidente; innegabile anche il ruolo capitale svolto dal Circolo Poetico formatosi attorno al monastero di S. Nicola all’inizio del sec. XIII; innegabile infine il collegamento tra il tragico destino che si abbatté su Otranto sul finire del sec. XV e la contestuale distruzione del cenobio casolano. Per incontrare altre realtà monastiche paragonabili per importanza e gloria di S. Nicola di Casale occorre spostarsi fino in Calabria con l’abbazia di Rossano oppure alle porte di Roma con l’abbazia di Grottaferrata fondata nel 1004 da S. Nilo di Rossano. Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/

Typikòn

Un manoscritto conservato nel Codice Torinese C111.17 attesta per Casole la presenza di un Typikòn (la regola monastica e liturgica), ossia la vita religiosa ed intellettuale della fondazione otrantina. Un documento eccezionale, il Codice Torinese Greco C III 17, struttura portante di ogni discorso su Casole – contiene il famoso Typicon (Typikòn) , un Rituale, una specie di manuale dei compiti del monastero, il libro che definiva le rubriche delle sacre funzioni e descriveva le cerimonie sacre, oggi si direbbe lo Statuto del cenobio e l’insieme dei suoi Regolamenti applicativi, l’insieme delle regole su cui si fondava la vita di questa sacro luogo: regole molto severe che risentivano del clima caratteristico del monachesimo d’Oriente, con radici affondate nella pratica ascetica e nella conduzione di una vita semplice e austera, fatta di continui sacrifici e rinunzie. Occorreva osservare rigorosamente alcuni digiuni: digiuno obbligatorio nei giorni dispari di ogni settimana, e la dispensa era possibile solo in coincidenza con particolari solennità; digiuno nelle vigilie di Natale, Epifania e Pentecoste; nel giorno della Santissima Annunziata, dopo la messa, i monaci si radunavano nella navata della chiesa non del refettorio e consumavano il pane benedetto; nelle quaresime potevano mangiare soltanto pane e fave cotte nell’ acqua, nel Venerdì Santo il digiuno era assoluto, per cui non bisognava ne mangiare ne bere. I cibi più usati erano i legumi, gli ortaggi e il pesce, quindi pasti frugali; carne, formaggio e uova erano cibi proibiti; nel refettorio occorreva fare silenzio. Finito di mangiare, il monaco doveva ritirarsi nella sua cella a pregare e a studiare. Fuori del monastero i monaci dovevano camminare a testa bassa in segno di umiltà, sempre a piedi e non a dorso di mulo o di cavallo, ne potevano arricchirsi personalmente, essendo peraltro esclusa la possibilità di avere servi per se o per il monastero. Un ultimo dovere: non giudicare mai una persona in base al suo potere o alla sua autorità. Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/

Fu così che nacque il monastero di Casole che ben presto divenne “il vero ponte di unione e di transito tra la cultura orientale e quella latina” (Antonio Antonaci).

Dai mattoni di queste mura trasudava la cultura nella sua forma più pura. Trasudava la saggezza dei monaci italo-greci che, detentori del patrimonio culturale e linguistico classico, composero poesie in lingua greca, ignari che tali lavori, in futuro, sarebbero stati considerati i primi esempi di “letteratura volgare” in Italia, quella stessa che con Dante Alighieri raggiunse il suo massimo splendore divenendo la “letteratura italiana” per eccellenza.

Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/


La Scuola Letteraria di Casole

abbazia di San Nicola di Casole – Otranto

Il monastero di Casole è stato dal secolo XI centro propulsore di cultura e di civiltà, anticipando e poi affiancando la famosa scuola siciliana di Federico II da cui ha avuto inizio, nel ‘200, quel processo linguistico da cui sarebbe derivata la lingua italiana. Infatti, qui, tra gli scogli più ad est d’Italia, nascono alcuni tra i primi componimenti in poesia della letteratura nazionale. Nella Terra d’Otranto, nell’Età oscura, la lingua greca, quella parlata oltremare, nelle terre di Bisanzio, è la lingua con la quale si esprime la maggior parte della popolazione e con la quale si esprime pure la comunità italo-greca dei monaci basiliani che ha dato vita all’abbazia di Casole. Il Circolo Poetico di Casole, che si poneva sotto l’ala protettrice di Federico II, aveva come guida l’abate Nettario  e si proponeva di trattare sia temi religiosi sia temi profani.

Esso promosse un vero e proprio umanesimo italo-bizantino in Terra d’Otranto che determinò la sopravvivenza della lingua greca come lingua letteraria del Salento in un’età in cui invece a Palermo, alla corte del grande Federico II, l’italiano volgare prevaleva sulle lingue classiche. Nella penisola salentina, dunque, che stava con Bisanzio, aveva arte e cultura mentre il centro-nord d’Italia era attraversato dalle invasioni barbariche e segnato dalle lotte intestine tra guelfi e ghibellini e dalle conseguenze di un marcato analfabetismo.

Cfr : http://www.otrantopoint.com/monastero-di-san-nicola-di-casole.html

L’animatore del circolo è Nettario, come indica anche la dedica di Giovanni Grasso: “O Nettario, copristi la carica di settimo padre di codesto monastero di Casole, che rendesti splendente di vasi d’oro e di libri. Evviva le tue fatiche“. (Hoeck Loenertz, 144).

L’Umanesimo  del circolo otrantino e il gruppo dei quattro poeti salentini

Il circolo otrantino visse un suo Umanesimo e preluse al Rinascimento italiano. Presso l’abbazia di San Nicola di Casole infatti, sono nati quei primi componimenti in poesia della letteratura nazionale, ed i nuovi studi confermano che è ben consolidata la spinta culturale che Casole fornì al futuro Umanesimo Letterario. Lo dimostra il fatto che la comunità italo-greca dei monaci basiliani dell’abbazia di Casole diede vita a un gruppo di quattro poeti salentini di lingua greca/bizantina i quali, guidati dall’abate Nettario, furono i progenitori dell’Umanesimo italo-bizantino  di Terra d’Otranto; e a componimenti poetici (in lingua greca e volgare), che per contenuti e respiro erano identici alla prossima futura letteratura volgare di Dante Alighieri. In seno al cenobio di San Nicola di Casole fiorì così la metrica ridotta al solo uso del verso dodecasillabo bizantino. Contemporaneamente a Palermo nasceva la Scuola poetica siciliana in volgare.  Nell’abbazia idruntina si raccolsero quattro rimatori, due laici e due religiosi, e fondarono un “circolo poetico”. Oltre all’abate Nicola Nettario, grande conoscitore delle lingue classiche e guida dell’intero gruppo, vi erano Giovanni Grasso (protonotario e maestro imperiale tra il 1219 ed il 1236. Fu lui a sottoscrivere il testamento di Federico II il 10 dicembre 1250 e probabilmente fu lui a scrivere le lettere in greco di Federico II agli imperatori di Bisanzio); Nicola d’Otranto (figlio di Giovanni Grasso);  e Giorgio di Gallipoli  (il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino). Tutti sostenitori dell’Umanesimo italo-bizantino nel Salento. Nei loro componimenti, perfetta fusione tra sacro e profano, si palesavano l’Uomo e la sua storia. Inoltre, dichiarandosi fautori dell’Impero nelle controversie contro la potenza del Papato, rivolsero il loro sguardo anche verso la politica.

E la Scuola Poetica che sorge è la cosa più preziosa che Casole produce!. Otranto ha così i suoi tempi di gloria! Non effimera, ma che ancora emerge dai Codici e trasuda da quelle pietre dignitose e fiere e solitarie! (Rita Paiano)

La penisola salentina, dunque, sotto l’influenza di Bisanzio, disponeva e dispensava arte e cultura in un periodo in cui il centro-nord d’Italia veniva dilaniato dalle invasioni barbariche e segnato dalle lotte intestine tra guelfi e ghibellini e dalle conseguenze di un marcato analfabetismo.


La Biblioteca

abbazia di San Nicola di Casole – Otranto

A Casole fu eretta un’imponente biblioteca, considerata una delle più ricche e consistenti dell’Occidente. Aperta a chiunque volesse visitarla, fu rasa al suolo nel XV secolo. Solo alcuni tra i suoi innumerevoli volumi si salvarono grazie al cardinale Bessarione, metropolita di Nicea e patriarca di Costantinopoli. Egli, infatti, amando profondamente la letteratura latina e greca, durante i suoi numerosi viaggi che lo portavano nei monasteri greco-bizantini, era solito “impossessarsi” di manoscritti greco-romani. Alla sua morte, tali rarità, furono divise fra le diverse biblioteche presenti in Europa. Col passare del tempo, il monastero di Otranto accrebbe sempre più la sua importanza a livello nazionale e internazionale. Nell’abbazia giungevano per studiare ed insegnare da tutta Europa ed in essa si incontravano e si studiavano varie culture come quella Greca, quella Ebrea e quella Latina. La sua biblioteca era frequentatissima e profondamente rinomata per l’eccellenza e la qualità della cultura che in essa si propinava. La sua fama toccò l’apice quando divenne, nel XIII secolo, una scuola a tutti gli effetti: la prima scuola “pubblica” di Terra d’Otranto. Tanto era importante che nel 1160 accanto al monastero l’igumeneo Niceta costruì  la prima “Casa dello Studente” del mondo occidentale. Era un luogo destinato a coloro che volevano studiare il greco, il latino, il trivio ed il quadrivio, o le discipline come astronomia, musica, retorica, grammatica, teologia, filosofia, scienze naturali, ecc. Gli studenti potevano usufruire gratuitamente di vitto, alloggio, insegnanti e godere del patrimonio della ricca biblioteca, unica per importanza in Occidente. Si trascrivevano codici greci e li si traduceva in latino per poi distribuirne i testi in Occidente; ma anche si trascrivevano codici latini per tradurli in greco e quindi inviarli in Oriente; come per il De Trinitate di Sant’Agostino e i Dialoghi di San Gregorio Magno. Tra i testi del periodo bizantino figura il Phisiologus, a cui pare si sia ispirato Pantaleone per alcune figure del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, opera che realizzò nel 1165. Il monaco Pantaleone  era per l’appunto di Casole. Questo affascinante luogo di studi e di cultura incrementò il suo prestigio anche grazie allo “Scriptorium” esistente, dal quale uscirono, tra il XIII e il XIV secolo, i codici degli scritti di Giovanni Damasceno, di Gregorio di Nazianzo e di Cirillo di Alessandria. I monaci copiavano magistralmente i testi classici, e tali lavori giunsero nei maggiori istituti teologici dell’Oriente, in città come Costantinopoli, Alessandria e Atene. I codici casolani oggi vengono custoditi nelle più note e fornite biblioteche del periodo medievale esistenti nel mondo: Vaticana (Roma), Marciana (Venezia), Medicea (Firenze), nazionale (Madrid), Sorbona (Parigi), ecc.

Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/


I prestiti della biblioteca di Casole in età medioevale

I libri della biblioteca spesso venivano presi in prestito dai preti e dai monaci di altri cenobi, che rilasciavano una ricevuta alla presenza di due monaci del convento. Il codice torinese ha conservato un elenco di 68 prestiti, fatti in gran parte a sacerdoti, ma anche a laici, fra i quali due notai ed un giudice. Secondo il Colacicco i prestiti furono effettuati nell’arco del sec. XIV, non oltre il 1387. Per alcuni prestiti è anche indicato il luogo di provenienza dei richiedenti: Alessano, Brindisi, Casamassella, Castrì di Lecce, Castro, Lecce, Maglie, Marittima, Martano, Melendugno, Miggiano, Minervino di Lecce, Otranto, Poggiardo, Sanarica, Santa Maria di Torlazzo, Surano, Vaste e Vignacastrisi.


Lo Scriptorium di Casole

Dallo Scriptorium di Casole dipendevano altri due minori, quello di Gallipoli, annesso probabilmente all’Abbazia di San Mauro, e quello di Nardò, che sorgeva accanto all’Abbazia della Madonna dell’Alto. Importante notare che il monastero è stato il più grande focolaio di studi classici del XII sec. Intorno al 1000 in Gallipoli e in Nardò, si ricopiavano e si studiavano approfonditamente Omero, Esiodo, Aristofane (…) tanto da poter affermare che il monastero di San Nicola di Casole fu decisamente una delle biblioteche più ricche d’Occidente.

Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/

In un inventario analitico redatto il 25 aprile 1665 su incarico dell’abate Commendatario di Casole cardinale Laurentiis, il notaio Carlo Pasanisi registrò tutti i beni del monastero, i possedimenti, i feudi, le giurisdizioni, fornendo i dati relativi, la conduzione dei terreni, le chiese che dipendevano da Casole. Per quanto riguarda possedimenti e grancie, risulta che il nostro monastero ab antiquo aveva praticamente proprietà in tutta la Provincia di Terra d’Otranto, e precisamente nei seguenti paesi: Otranto, Uggiano La Chiesa, Minervino, Specchia Gallone, Cocumula, Cerfignano, Vitigliano, Poggiardo, Tutino, Diso, Tricase, San Dana, Montesardo, Gagliano, Alessano, Ugento, Taurisano, Ruffano, Torrepaduli, Supersano, Casarano, Gallipoli, Galatone, Nardò, Cutrofiano, Corigliano d’Otranto, Castrignano dei Greci, Carpignano, Martano, Borgagne, Roca, Sanarica, Giurdignano, S. Pietro in Galatina, Torchiarolo, Squinzano, Lecce. Come si può notare, l’inventario ci dimostra che la stragrande maggioranza delle proprietà di San Nicola di Casole – circa il 72% – si trovava nell’area occupata dal triangolo Otranto-Maglie-Alessano.

Cripta del Padre Eterno in Otranto

Cripta del Padre Eterno in Otranto. Ubicata a Otranto in via 800 martiri, all’ipogeo si accede mediante una scala a tre rampe, purtroppo invasa dalla vegetazione infestante e dall’abbandono.

La Cripta (ubicata in Otranto in via 800 martiri) è interamente scavata nella roccia e al suo interno si accede da un unico ingresso costituito da una piccola scala.
La pianta dell’Ipogeo è cruciforme, con i due bracci di dimensioni differenti. Quello di sinistra terminante con un’abside, maggiore di quello di destra che invece termina con una nicchia.
Un sedile in pietra dirimpetto all’altare invitava i cristiani a sedersi per meditare e pregare davanti all’immagine del “Padre Eterno”, che si stagliava nell’abside centrale. Altri affreschi, indicanti il passaggio dal rito greco al rito latino, rappresentano una Vergine con iscrizione greca 1556 e due Vergini col Bambino chiaramente orientali; tra i dipinti di rito latino, San Francesco di Paola e la Penitenza, di grande suggestione poiché descrive una processione di incappucciati penitenti tipica del XVI. la scena degli Incappucciati.
L’ambiente principale, il Naos, è voltato a botte, opera realizzata negli anni 90 in seguito a crollo. Frontale all’ingresso è l’Iconostasi litoide a tre fornici che poggia su due pilastri affrescati e lascia intravedere il Bema e il muro presbiteriale arricchito da nicchie e affreschi e orientato ad est.
Lungo le tre pareti del Naos, laterali e frontale all’Iconostasi, si notano tracce di affreschi e i segni di lunghi sedili in pietra ormai divelti, le cui rovine poggiano sul pavimento, a sua volta tutto ricoperto da montagnole di terra da riporto e detriti di vario genere. Uno dei sedili, un monolite, si trova nella parte esterna della cripta, impiantato sul piano di calpestio della volta, a mo’ di menhir.

Cripta del Padre Eterno in Otranto

Un’opera di studio, restauro e fruizione del Bene si rende improrogabile e urgente.  La cripta sorge nelle immediate vicinanze del borgo antico della città. Inglobata nelle attuali abitazioni, lungo la via 800 Martiri che conduce al Colle della Minerva, dovrebbe risalire al secolo XI-XII, quando il monachesimo italo-greco era fiorente in Otranto.
Nel 1478-79, l’Arcivescovo Stefano Pendinelli protomartire dei Martiri di Otranto del 1480, convocò i “Domenicani” che acquistarono o ebbero in dono la grotta, per questo motivo la zona fu denominata così.
La Chiesa di Santa Maria della Grotta (ovvero Cripta del Padre Eterno) è menzionata tra le chiese che dipendevano da San Nicola di Casole in un inventario redatto il 25 aprile 1665 dal Notaio Carlo Pasanisi su incarico dell’Abate Commendatario di Casole Cardinale Laurentiis, conservato nell’Archivio di Stato di Lecce e studiato da Ferrante Tanzi.
Comprendeva due fondi denominati Giardino Grande e Aja che compaiono nel catasto come Domenicani e dal 1718 passano di proprietà in proprietà fino al 1945, quando i nuovi proprietari ne fanno una “fabbrica” per la lavorazione del tabacco.
Attualmente l’antica chiesa sotterranea dei monaci greci, facente parte dell’esterno convento, riportata nel Foglio 42, Particella n° 11 della Mappa Catastale, è vincolata, tutta intera, con Decreto del Ministero dei Beni Culturali, comunicato il 4 ottobre 1977 e al momento fa parte integrante di una costruzione condominiale edificata in seguito alla lottizzazione dei fondi.
Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/

Nella cripta del Padre Eterno di grande suggestione è l’affresco della Penitenza, poiché descrive una processione di incappucciati penitenti tipica del XVI secolo.

La cripta del Padre Eterno, o meglio grotta, dopo la seconda guerra mondiale venne trasformata in deposito, sala di lavorazione del tabacco, perdendo definitivamente il fine per il quale era stata realizzata. Nel 1967 si lottizzò il fondo “Domenicani” per case di abitazione. Alcuni studiosi e la Sovrintenza alle Belle Arti ne hanno reclamato il ripristino. I lavori di sterro hanno avuto inizio ma il recupero non è stato mai completato. Depredata da molti arredi ed anche degli affreschi più pregevoli, ad opera di minuziosi tombaroli senza scrupoli, di questo luogo scrisse anche il compianto studioso don Grazio Gianfreda nel suo volume “Otranto nascosta”.


L’abbazia di San Nicola di Casole venne distrutta nel 1480 con l’attacco dei Turchi ad Otranto. Da allora l’abbazia perse la sua prestigiosa biblioteca e nonostante la chiesa fu ricostruita nel 1538 il suo destino era ormai segnato.


Un illustre arcivescovo di Otranto, Francesco Maria De Aste (alias Pompeo Gualtieri), avrebbe riferito di un monaco casolano di nome Mauro che si sarebbe salvato dalla strage durante l’assedio del 1480 fuggendo dal monastero e ritornandovi un anno dopo al seguito del duca Alfonso d’Aragona primogenito del re Ferrante. Questo monaco sarebbe stato autore di tre opere – Historia Monasterii S. Nicolai de Hidrunto, De Hidruntinae urbis e xpugnatione, Carmen panegyricum in laudibus Martyrum Hydruntinorwn purtroppo andate tutte perdute.
La stessa notizia viene riportata dal Tafuri, il quale precisa che Mauro Basiliano d’Otranto, tornato a Casole un anno dopo l’eccidio, avrebbe continuato a scrivere la storia del monastero di S. Nicola già precedentemente avviata a buon punto.

La storia del cenobio di San Nicola di Casole giunse al suo epilogo quando, nel 1480, i Turchi sbarcarono sulle coste salentine, occuparono Otranto e razziarono tutto il territorio circostante. Anche il monastero basiliano dovette piegarsi alla volontà degli ottomani e del destino. Una “perla” così preziosa fu rigettata nelle profondità marine e scomparì lentamente nell’oblio. Di quel crogiolo d’intelletti oggi è rimasto solo un mucchio di macerie, un cumulo di pietre arcaiche e ricche di sapienza che guardano impotenti un passato che sfuma. Tutt’intorno si erge una masseria dove un gruppo di contadini coltiva la terra calpestando un suolo che è stato derubato della sua dignità. E nessuno fa qualcosa, tutto tace, e la storia deve arrendersi davanti ad un finale che è tutt’altro che “lieto”.

Se qualcuno di voi dovesse visitare tali “rovine”, cerchi di guardare al di là delle apparenze. Apra i suoi orizzonti e voli lontano, indietro nel tempo, quando tutto era diverso. Ciò che era non è più, ciò che è rimasto è solo la consapevolezza che il fato ci ha privato di un tesoro inestimabile.

Cfr : https://www.facebook.com/oltrelabbaziadisannicoladicasole/

Per ulteriori dettagli vi consiglio due libri : “Il Monachesimo Italo-Greco in Otranto” e “Bizantini in Terra d’Otranto. San Nicola di Casole


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a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”. BelSalento è un progetto a cura del dott Giovanni Greco

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