IL TARANTISMO – Inquadramento storico di Marisa Grande

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a cura della dott.ssa Marisa Grande

IL TARANTISMO – Inquadramento storico –

a cura della dott.ssa Marisa Grande
IL TARANTISMO

Il tarantismo, essendo un fenomeno complesso, è stato esaminato sotto molteplici aspetti e durante i secoli in cui si è manifestato ha suscitato l’interesse di molti studiosi. In medicina, astrologia, cosmologia, filosofia, religione, musicologia…(materie spesso connesse nell’antichità) in antropologia, psicanalisi e psichiatria, sociologia, etnologia (materie più recenti) si sono esaminati gli scritti di Petrus de Abano del 1300, di F. Epifanio e di Kircher del 1600, di C. Botta del 1789, di Justus F. Karl Hecker del 1832, di Levi Strauss del 1949, di Jervis del 1961…

Lo psichiatra Giovanni Jervis, l’etnomusicologo Diego Carpitella e il fotografo documentarista Franco Pinna fecero parte dell’equipe che l’antropologo e storico delle religioni Ernesto De Martino convogliò nel 1959 nel Salento per analizzare, attraverso studi comparati, un fenomeno individuale e sociale che sembrava avviarsi verso la sua fase conclusiva. La continuità del tarantismo si è protratta invece fino agli anni Novanta. Ne sono stati testimoni i terapeuti musicali, come Luigi Stifani di Nardò, Luigi Chiriatti con le interviste alle ultime tarantate, Luigi Caiuli, con la riproduzione pittorica delle manifestazioni pubbliche del tarantismo in Piazza San Pietro a Galatina.

Erano stati già centinaia nel 1789 (C. Botta) gli studiosi in vari ambiti del sapere che avevano analizzato i fenomeni di ballo terapeutico ed altri avevano continuato a farlo prima che l’etnologo e storico delle religioni Ernesto De Martino adottasse nel 1959 il metodo interdisciplinare per comprendere l’origine, le motivazioni e i significati del tarantismo rituale salentino.

Petrus de Aban venenis eorumque remediis

La letteratura occidentale riguardante i possibili rimedi agli effetti prodotti da animali velenosi (ragni, scorpioni, serpenti) ha il suo riferimento storico in “de venenis eorumque remediisdi Petrus de Abano (secoli XIII-XIV), nel quale sono esposte le teorie arabe relative a veleni, a contagi e a superstizioni.

Il trattato rappresenta per gli storiografi la più antica prova per poter risalire alle origini medioevali del fenomeno, in un periodo compreso tra i secoli IX e XIV. Pur essendo nella maggior parte concordi sull’idea che l’origine del tarantismo poteva essere più remota, gli studiosi non furono supportati da una soddisfacente documentazione a sostegno di una retrodatazione storica, a causa dell’orientamento della storiografia a non dover valutare elementi non sostenuti da un’adeguata documentazione scritta.

Pur presentando il tarantismo una evidente comunicazione gestuale, prevalente nelle comunità primitive, e una ritualità pagana, la carenza di documenti scritti che potessero dimostrare l’esistenza del fenomeno in tempi precedenti l’età medioevale ha precluso loro, pertanto, la possibilità di estendere la ricerca negli ambiti delle culture “a trasmissione orale” delle società agricolo-pastorali, cui apparteneva anche il Salento.

– Il tarantismo, modello di “ordine simbolico” –

La tesi demartiniana attribuisce originalità e autonomia al rito salentino, che considera trascendente rispetto alla storia e alla cultura dell’Occidente, essendovi stato “innestato” solo nell’alto medioevo.

Inteso come “sistema di ordine simbolico”, dotato di “efficacia logica interna”, è interpretato (secondo i dettati dell’Antropologia Strutturale di Levi Strauss -1949) come un fenomeno sociale nel quale tanto la collettività quanto l’individuo rispondono, anche inconsciamente, ad un “ordine insito nel simbolo originario”. Inteso nella sua autonomia storica e culturale, il tarantismo fu quindi considerato come “sistema di ordine simbolico” con un’identità propria coerente, irriducibile e non comparabile ad altri fenomeni. La logica interna al “sistema-tarantismo”, preesistente ai saperi della storia, lo rendeva pertanto unico nei contenuti e sanciva la sua estraneità alla cultura dell’Occidente. A causa dell’impossibilità di relazionare il fenomeno con i saperi preistorici, il tarantismo apparve perciò a De Martino un “retaggio di un preesistente simbolico” estraneo alla storia delle terre d’occidente. Ritenuto fenomeno irrisolto e non-integrato nel flusso storico della cultura occidentale, il tarantismo osservato e documentato dall’equipe di De Martino nel 1959 si prestò ad essere quindi definito “rottame di fatto all’interno della storia e della religione cristiana dell’Occidente”.

– Interpretazione post-demartiniana –

Dopo l’interpretazione demartiniana del fenomeno salentino, necessariamente restrittiva per la scelta operata nell’ottica dell’analisi storiografica, l’attenzione degli studiosi “post-demartiniani” si è estesa ai preesistenti storici, in considerazione della posizione geografica del Salento, proteso verso l’Oriente, della composita formazione culturale dei suoi abitanti e degli aspetti di sincretismo religioso integrati all’interno del cristianesimo in forme rituali di religiosità minore.

George Lapassade (Il ragno del dio che danza, 1981, e Intervista sul tarantismo, 1994) trova nel tarantismo l’espressione del <coribantismo>, una forma di religione dove molte divinità incarnano specifici valori. Diversamente dal <dionisismo>, nel quale la pratica rituale era orientata ad armonizzare gli opposti in un’unità, il tarantismo canalizzava un flusso specifico tra tutti i dissonanti flussi provenienti da un aldilà popolato da divinità in conflitto. Sul filo degli stessi opposti, il tarantismo, secondo Lapassade, era esorcismo e adorcismo, ossia pratica per allontanare da sé il male e anche pratica orientata ad assimilarlo e integrarlo. Tale chiave interpretativa del fenomeno trova oggi maggior credito tra gli studiosi che già avevano aperto la strada verso l’origine pagana del tarantismo, con riferimento ai rituali di tipo espiatorio, quali la danza delle menadi in onore del dio greco Dioniso e la danza delle baccanti in onore del dio romano Bacco.

Il tarantismo (“tarantolismo”, nel termine più antico), in quanto rituale terapeutico, rientra comunque nelle antiche pratiche di guarigione naturale pre-ippocratiche diffuse in area mediterranea, applicate in Grecia nel tempio dedicato ad Asclepio e a Roma nel tempio dedicato alla corrispondente figura del dio Esculapio. Secondo il mito, il taumaturgo era Asclepio, figlio di Apollo, che apprese l’arte della medicina naturale da un serpente. Dopo aver colpito a morte un primo serpente, lo vide resuscitare ad opera di un’erba medicinale somministratagli da un secondo serpente guaritore. Nei templi dedicati ad Asclepio in Grecia i malati guarivano per opera del dio-taumaturgo, dopo pratiche di purificazione e dopo una notte di sonno incubatore. L’inserimento della pratica terapeutica propria del tarantismo salentino nell’ambito delle cure applicate nei templi greci di Asclepio ha permesso di superare il limite temporale del medioevo, quello geografico dell’Occidente e quello religioso del cristianesimo. Eppure la chiave storica per poter connettere il fenomeno salentino con le conoscenze delle culture orientali e operare una retrodatazione della sua origine poteva essere fornita dalla stessa opera di Petrus De Abano, esaminata già dagli storici.

Nato nella città termale di Abano, Petrus era vissuto per quindici anni a Costantinopoli, dove aveva studiato su testi di cultura greca e araba. Si era formato in medicina attraverso gli scritti del medico naturalista aristotelico e ippocratico Galeno (II sec. d. C.), del medico-filosofo arabo aristotelico Averroè e del neo-platonico Avicenna. Interessato alla medicina indiana, araba e greca, come molti dei medici da lui studiati era orientato a comprendere il “rapporto fisiologico dell’uomo con gli elementi di natura presenti nell’ordine finalizzato del cosmo”, elemento base della medicina naturale pre-ippocratica. Tornato in Occidente, in qualità di dottore di filosofia e medicina presso l’università di Parigi e di astronomia presso l’università di Padova, innestò nella cultura occidentale le antiche conoscenze filosofiche, astronomiche e mediche della millenaria cultura orientale, in cui sarebbe stato possibile inserire anche la pratica rituale di guarigione naturale, propria del tarantismo.

– Tarantismo sulla tradizione della medicina naturale orientale –

La figura di taumaturgo, parallelo cristiano all’Asclepio pagano, è rappresentata da San Paolo. Al santo si riconosce la capacità di neutralizzare il veleno iniettato da tutti gli animali velenosi che strisciano sulla terra. Fu dotato in vita dalle qualità taumaturgiche che gli permettevano di far guarire dal veleno dei serpenti, degli scorpioni e dei ragni, essendo egli stesso scampato, per auto-guarigione, dalla morte certa dovuta al morso inflittogli da un serpente durante il suo soggiorno nell’isola di Malta.

Le “tarantolate” si ritenevano “spose mistiche” di San Paolo, a cui si rivolgevano per ottenere la guarigione dal morso della “taranta”. Ballavano per il loro santo taumaturgo in stato di semi-trance fino allo stremo delle loro forze. Eseguendo i movimenti del ragno sul suono di una musica ritmica espellevano il veleno attraverso il sudore e smettevano di ballare a guarigione avvenuta, sancita da un loro gesto che mimava l’uccisione della tarantola.

La ricorrenza annuale della manifestazione del fenomeno avveniva nei giorni in cui, secondo il calendario cristiano, si celebra la festa del 29 giugno dedicata ai santi apostoli Pietro e Paolo.

Il luogo privilegiato per la manifestazione del tarantismo era la Cappella di San Paolo a Galatina, che fu eretta nel 1700 sull’antica casa dove si ritiene che soggiornò l’apostolo Paolo di Tarso.

Da Galatina era anche passato l’apostolo Pietro, approdato nel Salento e diretto verso Roma nell’anno 43 d. C., ossia solo dieci anni dopo la crocifissione. Sul luogo dove egli riposò, contrassegnato da una “pietra”, gli fu eretta una chiesa. Sul luogo dove soggiornò Paolo, contrassegnato da un “pozzo” abitato da serpenti, vi è ancora la cappella a lui dedicata. La musica, il ballo estatico, le stoffe colorate e le acque di quel pozzo, divenute guaritrici, operavano nella ritualità del tarantismo il lungo processo di purificazione e di guarigione naturale, applicando una pratica complessa finalizzata alla liberazione di quella sostanza tossica che si riteneva fosse stata iniettata dal morso (reale o psicologico) della tanto temuta tarantola locale salentina.

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ASPETTI SOCIO-CULTURALI DEL TARANTISMO – tra storia, tradizione e mito parte prima, seconda, terza, Inquadramento storico, DANZIMANIA, TARANTISMO E PRATICHE TERAPEUTICHE, ANTICHE PRATICHE DI ARMONIZZAZIONE


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a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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