I Messapi

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ricerche a cura del dott Giovanni GrecoI Messapi furono un’antica popolazione illirica che, prima dei Greci e dei Romani, probabilmente erano giunti in Puglia alle soglie dell’età del ferro intorno all‘IX secolo a.C e durante l’età del Bronzo. Si stanziarono nell’entroterra a sud della penisola pugliese e in età preromana si distribuiranno in tutto il Salento. i greci anticamente chiamavano Messapia (cioè “Terra fra due mari”), la terra (abitata dai Messapi appunto), per indicare quella popolazione di origine illirica o egeo-anatolica. La parola “Messapia”, significa “Terra tra i due mari” per la presenza del suono “ap”, che vuol dire “acqua”, come anche nelle parole “Iapigi” e “Apuli”. Sin dall’nell’VIII secolo a.C, alcuni autori come Servio Tullio, Erodono e Strabone citano che un popolo si stabilì nell’Apulia, l’attuale Salento. 

L’origine cretese  deriva da un passo di Erodoto:

«Si racconta infatti che Minosse, giunto in Sicania (oggi detta Sicilia) alla ricerca di Dedalo, vi perì di morte violenta. Tempo dopo i Cretesi, indotti da un dio, tutti tranne quelli di Policne e di Preso, arrivarono in Sicania con una grande flotta e strinsero d’assedio per cinque anni la città di Camico (ai tempi miei abitata dagli Agrigentini). Infine, non potendo né conquistarla né rimanere lì, oppressi com’erano dalla carestia, abbandonarono l’impresa e se ne andarono. Quando durante la navigazione giunsero sulle coste della Iapigia, una violenta tempesta li spinse contro terra: le imbarcazioni si fracassarono e giacché non vedevano più modo di fare ritorno a Creta, fondarono sul posto una città, Iria, e vi si stabilirono cambiando nome e costumi: da Cretesi divennero Iapigi Messapi e da isolani continentali. Muovendo da Iria fondarono altre città, quelle che molto più tardi i Tarantini tentarono di distruggere le stesse, subendo una tale sconfitta da causare in quella circostanza la più clamorosa strage di Greci a nostra conoscenza, di Tarantini appunto e di Reggini. I cittadini di Reggio, venuti ad aiutare i Tarantini perché costretti da Micito figlio di Chero, morirono in tremila; i Tarantini caduti, poi, non si contarono neppure. Micito, che apparteneva alla casa di Anassilaos era stato lasciato come governatore di Reggio ed è lo stesso che, scacciato da Reggio e stabilitosi a Tegea in Arcadia, consacrò a Olimpia numerose statue»

(Erodoto – VII, 170)

Sin dal IX secolo a.C. i Messapi ebbero frequenti contatti  con il mondo greco, favoriti poi dalla futura fondazione della colonia greca di Taranto. Il fenomeno della “ellenizzazione” avvenne con una serie di guerre con la città greca di Taranto, la quale voleva ampliare il suo territorio agricolo ed utilizzare come schiavi le popolazioni messapiche vinte in battaglia. Grazie all’influenza della cultura greca i Messapi trasformano profondamente le loro conoscenze tecnologiche. Sin dal VI secolo dai Greci appresero importanti conoscenze tecnologiche come l’uso del tornio per modellare i vasi d’argilla. Crearono una nuova ceramica a ornamenti geometrici con originali forme di vasi dette “TROZZELLE“, a manici alti e anfore a collo largo. Poi dalla Grecia la Messapia acquisì nuove tecniche edilizie – che passò da villaggi di capanne dell’Età del Ferro a degli edifici complessi, costituiti solitamente da diverse stanze di forma quadrata e ad un’architettura in pietra con elementi tipicamente greci come capitelli e terrecotte policrome. Dopo l’VIII secolo, intorno al VII-VI secolo a.C. si avranno costruzioni in capanne con zoccolo in pietre irregolari, alzato in mattoni crudi (argilla e paglia) e copertura a rami intrecciati a costruzioni con più ambienti, di forma quadrangolare, con muretti a secco e mattoni e copertura a tegole. (Thierry Van Compernolle, 2001, dall’insediamento Iapigio alla città messapica: dieci anni di scavi e ricerche archeologiche a Soleto (LE)). Anche nella religione vi fu l’influenza greca. I nomi delle divinità messapiche richiamano i dei dell’Olimpo greco. Ma abbiamo testimonianza dell’esistenza di dei propri dei Messapi. Nelle iscrizioni delle grotte di Torre dell’Orso e di Roca (la grotta della “Poesia”), i nomi di alcune divinità messapiche erano “Tator” (o Taotor), ma anche il “Giove Batio” venerato nei rovi (Batio significa rovi). Anche l’alfabeto messapico è di derivazione greca. Nella “Grotta della Poesia” di Roca Vecchia vi sono molte iscrizioni messapiche : iscrizioni pubbliche, funerarie, votive, numismatiche. L’evoluzione scaturita dagli influssi con la cultura greca, porterà i Messapi ad adottare lo “scriba” che incideva (sulle tegole d’argilla molle) i nomi dei proprietari di una casa : i Messapi, infatti conobbero l’uso della scrittura fin dal VI secolo a.C., mentre Dauni e Peucezi dovettero aspettare altri duecento anni. Lo ZEUS DI UGENTO (Museo archeologico nazionale di Taranto). Lo Zeus di Ugento è una statua bronzea magnogreca (databile al 530 a.C.) rinvenuta a Ugento (Lecce) nel 1961. Attualmente è conservata nel Museo archeologico nazionale di Taranto e rappresenta uno dei pezzi più importanti della collezione

Le Città messapiche furono Alytia (Alezio), Ozan (Ugento), Brention/Brentesion (Brindisi), Hyretum/Veretum (Patù), Hodrum/Idruntum (Otranto), Kaìlia (Ceglie Messapica), Mandyrion (Manduria), Neriton (Nardò), Orra (Oria), Cavallino (non si hanno notizie certe del nome antico), Valesium (Valesio), Muro Tenente (forse identificabile con Scamnum, tra Latiano e Mesagne), Bastae (Vaste), ΜΙΟΣ (Muro Leccese), Gnathia (Egnazia), Karpene/Carbina/Carbinia (Carovigno), Sturnium (Ostuni) Rudiae (Lecce) e Soletum (Soleto)
cfr : Ribezzo, Corpus Inscriptionum Messapicarum, Bari 1935; Travaglini, Inventario dei rinvenimenti monetali del Salento, Roma 1982; Archeologia dei Messapi, Bari 1989; Lombardo, I Messapi e la Messapia nelle fonti letterarie greche e latine, Galatina 1992.
Esse si svilupparono e consolidarono a partire dal IV secolo, quando ormai tutta la regione aveva acquisito una profonda influenza della cultura greca.  Quasi tutte le città messapiche erano costruite su un luogo elevato ed erano cinte da una o più cerchie di mura. Le mura di solito erano costituite da strutture a blocchi, regolarmente squadrati, di dimensioni medie di metri 1,30 x 0,60
cfr : Thierry Van Compernolle, Dall’insediamento iapigio alla città messapica: dieci anni di scavi e ricerche archeologiche a Soleto (LE), 2001. Quasi tutte le città messapiche erano situate a circa cinque chilometri dalla costa ionica ed erano collegate tra loro dala “via Sallentina“. La loro organizzazione economica e sociale era efficiente e il sistema politico era quello delle “Città stato” al pari dell’Attica, che aveva Atene come la “polis” e un sistema federato di città intorno con una organizzazione territoriale fortemente interconnessa. Le città messapiche sorgevano in luoghi elevati e racchiuse da doppia cinta muraria. I centri messapici si riuniscono sotto l’egemonia della dodecapoli, docici città dominanti che svolgono funzione di organizzazione. Nella Cavallino Messapica,  nacque la prima città indigena della Puglia, con un insediamento urbano composto da aree destinate alle abitazioni private, strade, cisterne e quartieri artigianali.

Sulla viabilità Messapica

Le vie di comunicazione delle strade messapiche preromane

Le principali vie di comunicazione erano:

  • la via Sallentina, che da Taranto portava a Leuca, passando per Manduria, Nardò, Alezio e Ugento;

  • la via Idruntina, che da Brindisi arrivava a Leuca, passando per Cavallino e Otranto;
  • la via Brentyria che portava a Taranto, passando per Oria e Grottaglie.
  • La via Acheorum, una strada più antica, costruita dagli antichi achei durante il periodo miceneo. Seguiva un tracciato ad ellisse che da Hydruntum (Otranto) passava per Sybar Sallentina (Cavallino), Rhudia, Orra, Mesochoron (Grottaglie), Taranto e continuava fino a Metaponto.

Riproduzione di un ELMO MESSAPICO in 3d a cura di Giovanni Greco per BelSalento

Nel IV sec a.C. i Messapi ha una importante vittoria contro Taranto e Reggio le due città magnogreche che miravano al possesso delle terre messapiche. I Messapi ottennero questi successi militari grazie alla loro abilità nell’arte equestre dei guerrieri a cavallo messapici. I Romani vollero i cavalieri messapici al loro fianco nella seconda guerra sannitica (326-304 a. C) e anche nella terza (298-290 a. C) proprio per l’imbattibilità e per i celeri spostamenti della cavalleria messapica. Infatti i Messapi allevavano cavalli per l’arte della guerra: il cavallo idruntino (da Otranto), l’Equus hydruntinus una specie autoctona di cavallo tipica e diffusa nel Salento di quei secoli.  La città di Cavallino di Lecce prende il nome proprio da quei suoi antichi guerrieri equestri. L’Eneide di Virgilio, identifica il figlio guerriero di Nettuno, con la terra di Messapia: “Ma tu o Messapo domatore di cavalli … che nessuno né col ferro né col fuoco può abbattere …”. I Messapi erano un popolo fiero e combattivo. Si scontrarono con Taranto, che sconfissero nel 473. Famose le campagne militari dei Messapi in Terra d’Otranto nel periodo 473-350 a.C. Nel 413 Artas principe messapico aiutò gli Ateniesi contro Siracusa durante la guerra del Peloponneso. Tennero testa contro gli spartani di re Archidamo III (343 – 338) che era accorso in aiuto di Taranto. Saranno sconfitti da Alessandro d’Epiro. Si allearono con Roma nella prima e nella seconda guerra sannitica, ma nella terza i Messapi si schierarono con Pirro nella lotta di Taranto contro Roma. Saranno sconfitti nel 280 a.C. Dopo la presa di Brindisi avvenuta nel 267 a.C., nel 267-266 a.C. la città messapica di Rudiae fu sottomessa a Roma e fu completamente romanizzata tramite la ristrutturazione del territorio, sconvolgendo i secolari rapporti commerciali fra Taranto e i Messapi.

Nel II secolo a.C. il popolo messapico cadde sotto il dominio romano (269-267 a.C.). Illustri uomini messapici furono il celebre Quinto Ennio, poeta della tria corda riconosciuto da Cicerone pater della letteratura latina.

Era un popolo dedito alla coltura della vite e dell’ulivo, ma anche alla pastorizia, all’apicoltura, all’allevamento dei cani e particolarmente all’allevamento dei cavalli. Nel periodo del loro massimo splendore i Messapi hanno impresso agli insediamenti agricolo pastorali della penisola Salentina una profonda evoluzione produttiva e una struttura organizzata del paesaggio agrario, di probabile discendenza ellenica. L’abbigliamento femminile era una lunga tunica stretta ai lembi con un cappuccio, con fibule di rame, bronzo e oro. Facevano parte del loro corrdo sia le famose trozzelle, ma anche anelli e spille; molto utilizzati erano profumi  e unguenti.  Gli uomini prediligevano le armi. Inoltre i ceti benestanti usavano utensili d’oro e d’argento. Usavano sandali. E’ stato scoperto a Manduria un biberon Messapico dalla forma di un maialino di terracotta caratterizzato da orecchie a punta e occhi e sopracciglia umani decorati con pennellature di bianco, era sia un giocattolo ma anche un biberon.

Sui Messapi in BelSalento

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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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