Giovanni Presta saggi sui diversi tipi di olio di metà ‘700

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ricerche a cura del dott Giovanni Greco

Giovanni_PrestaGiovanni Presta (Gallipoli, 24 giugno 1720 – Gallipoli, 18 agosto 1797) fu medico e agronomo che approfondì studi sull’olivicoltura nel Salento. Dopo la sua morte fu sepolto nella Cattedrale di Gallipoli.

A soli sedici anni si trasferì a Napoli dove studiò medicina, ma anche si dedicò alla matematica e all’astronomia. Fu poi aggregato all’accademia Rossanese. Nel 1741 tornò in Gallipoli e fu uno dei medici fra i più stimati del Salento. I suoi interessi saranno ben presto rivolti al miglioramento della produzione agricola salentina, che a quel tempo era rappresentata dal tabacco e dall’olio di oliva. Nella tabacchicoltura cercò di migliorare le tecniche di piantagione, mentre nell’olivicoltura compose tre importanti opere:

  1. Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie (1786);
  2. Memoria intorno ai sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV, Re delle due Sicilie, ed esame critico dell’antico frantoio trovato a Stabia (1788);
  3. Degli ulivi, delle ulive e della maniera di cavar l’olio (1794).

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In definitiva Presta analizzò in generale le condizioni agricole del territorio dedicandosi principalmente allo studio degli ulivi. I suoi studi prendevano come base gli insegnamenti di Antonio Genovesi il quale aveva insistito sull’importanza degli uomini colti di essere sempre animati dalla volontà di istruire e far progredire i Cittadini; il Genovesi affermava che il primo compito dell’intellettuale, per il ruolo che ricopriva, era che doveva avvertire il peso di una “missione” da compiere.

il Presta, con le sue opere, ebbe anche il grande merito di aver fatto conoscere meglio nel mondo la sua città natale Gallipoli. Si legge nelle “Memorie Istoriche della città di Gallipoli” del Ravenna, che “Le accademie gli aprirono le porte i regnanti coronarono il suo merito”.

Giovanni Presta tra il marzo ed il maggio 1783 scrisse quattro lettere, sin’ora inedite, custodite presso la Biblioteca Moreniana di Firenze, indirizzate al ‘Veneratissimo Signor Proposto Marco Lastri’, illustre letterato fiorentino. In questa corrispondenza il Presta chiede all’illustre amico di volergli inviare tre tipi di ulivi coltivati in Toscana : “l’infrantoio, il coraggiuolo ed il moraiuolo, con tronco grosso come un manico di vanga, piantati in vasi di terracotta, da spedire da Livorno tramite il signor Ottofranchi e far recapitare al signor Costantino Barone Rossi di Gallipoli“.

Annotava Nicola Calasso

(cfr : http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Studi%20Salentini/1976/fascicoli/Giovanni%20Presta%201720%201787%20Medico%20e%20Agronomo.pdf)

Giovanni Presta dedicò la sua prima opera del 1786 (Memoria su i saggi diversi di olio e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà Imperiale Caterina II, la Pallade delle Russie) all’imperatrice di Russia Caterina II, dalla quale “per mezzo del Ministro di Napoli signor duca di Serracapriola ricevé in segno di gradimento duecento Zecchini effettivi di Olanda, ed un medaglione di oro col busto dell’Augusta Imperatrice da una parte, e la statua equestre di Pietro il Grande dall’altra”.

Nello scritto il Presta dava una descrizione dell’ulivo, spiegando che l’abbandono delle tecniche usate in passato aveva causato un minore interesse per l’olio prodotto nel Salento. L’autore esaminava i metodi usati in passato cercando di migliorarli aggiungendo le conoscenze acquisite con la sua esperienza. Dal passato riprese la classificazione di quattro tipi diversi di olio derivati dal grado di maturazione dell’oliva:

  • “onphachinon o oleum acerbum” di olive del tutto acerbe;
  • “oleum viride” di olive semiacerbe;
  • “oleum maturum” di olive già nere;
  • “oleum cibarium” di olive ormai rovinate.

Il modo in cui le olive erano raccolte, la varietà e il periodo scelto erano parametri fondamentali che Presta decise di utilizzare per cercare di migliorare la produzione dell’olio. Le varietà locali usate per estrarre l’olio, secondo il Presta, erano:

  • “la Cellina”;
  • “la Pasola”;
  • “l’oliva di Spagna”;
  • “la Corniola”;
  • “l’uliva dolce”.

Alla fine del libro, l’autore analizza anche la “ragia” degli alberi di ulivo ottenuta senza alcun tipo d’incisione o di tecnica in quanto usciva da sola dai rami dell’albero. Presta dice che la “ragia” non apparteneva a tutti gli alberi ma negli ulivi era molto presente. Egli subito dichiara che le notizie sulla “ragia” erano state prese dal marchese Giuseppe Palmieri, economista leccese residente a Napoli, tra le figure più rappresentative del settecento napoletano ma attivo anche nel Salento.

Il suo secondo lavoro Memoria intorno a sessantadue saggi diversi di olio lo dedicò a Ferdinando IV, re delle due Sicilie. Il 4 settembre 1788 Presta inviò una lettera al sovrano, lettere ara accompagnata da sessantadue campioni di olio, e in questa sua lettera il Presta pregando il re Ferdinando IV di dare il suo parere e di decidere quali tra questi erano i più gradevoli solo dopo aver letto la sua opera. Presta affermava, anche, che con l’approvazione del re si sarebbe concentrato sulla sua terza opera che avrebbe dedicato, nuovamente, a Ferdinando IV.

Nella Prima parte del suo libro, Presta iniziò il lavoro con un riferimento al passato, affermando che prima vi era un grande consumo di olio finalizzato all’uso che l’uomo ne faceva sul proprio corpo. Era normale che non tutto l’olio fosse di ottima qualità. Dopo la caduta dell’impero romano si andò puntando solo sulla quantità di olio prodotta e fu perso qualsiasi interesse legato alla sua qualità. Dopo questa prefazione, nella prima parte dell’opera Presta distingueva i vari tipi di olio secondo il grado di maturazione delle olive. Alcuni tipi di olio erano stati ricavati dalle olive acerbe, in particolare, dalle olive raccolte nella prima metà di settembre, nella seconda metà di settembre, nella prima metà di ottobre e nella seconda metà di ottobre. Quest’olio era chiamato “Onfacino” ed era di colore verdegiallo e poco fluido. Altri tipi, anch’essi costituiti da olio “Onfacino”, erano stati ottenuti da olive ancora acerbe nonostante fossero state raccolte a dicembre. Questo perché l’olio era stato estratto da varietà di olive differenti da quelle degli altri tipi di olio “Onfacino” ottenuto, come sopra precisato, dalle olive raccolte a settembre e a ottobre. Altri campioni rappresentavano l’olio raccolto dalle olive semiacerbe che in passato era chiamato “strictivum oleum o oleum ad unguenta o oleum viride” estratto dalle olive raccolte nella prima metà di novembre e da quelle raccolte nella seconda metà di novembre. Presta definì quest’olio “Semionfacino”. Nei mesi a seguire, dalle olive ormai mature, si produceva olio di scarsa qualità che probabilmente era proprio l’olio distribuito in passato agli schiavi, definito “Cibarium Oleum”. La più comune tra le varietà di olive prese in esame era “l’Ogliara” dai latini chiamata “Salentina”. Di questa varietà il Presta inviò tre campioni di olio ottenuti dalla raccolta di olive a differente maturazione:

  • il primo era di olive verdi e verdi biancastre, cioè di “Onfacino”;
  • il secondo era di olive rossonerastre, meno saporito del precedente;
  • il terzo era di olive nere.

Nella Seconda parte del libro l’autore analizzava la differenza dei tipi di olio dovuta alle diverse varietà di olive. Egli aveva riconosciuto quarantotto varietà di olive e precisava che sicuramente molte altre meritavano di essere studiate. Per analizzare tutte queste varietà egli si fece mandare alcune di queste olive dalla Spagna, dalla Campania, da Genova, da Firenze per controllare almeno la quantità di olio che riuscivano a produrre e non la qualità. Dell’oliva di grandi dimensioni detta “Orchita ed Orchemora” che in Salento era chiamata, semplicemente, “oliva grossa” o “oliva di Spagna”, vi erano sette varietà ma Presta riuscì ad analizzarne solo tre:

  • ovale con polpa “soda”;
  • ovale con polpa “soda” ma più dolce della precedente;
  • grossa, “fatta a pendente”, dolcissima.

Tra le altre varietà analizzate dal Presta si ricordano:

  • la “Mennella” di polpa tenerissima;
  • “l’Usciana o Algiana”, oliva che i tarantini chiamavano “uliva dolce”;
  • la “Cerasola”, molto simile alla “Mennella”;
  • “l’uliva Spagnola” di polpa soda;
  • “l’uliva Barisana o Varisana”;
  • la “Pasola” a sua volta distinta in “Pasola” ovale dolce, “Pasola” ovale amara, “Pasola” rotonda dolce e “Pasola” rotonda amara.
  • “Corniola” o “Cornolara”;
  • “Termetone”, chiamata dall’autore “Ulivastrona”, pianta che cresce spontaneamente con olive di polpa molto “soda”;
  • “Palmierina”, proveniente da un albero dell’uliveto di Giuseppe Palmieri;
  • “uliva Cilieggia” dal sapore delicatissimo, la cui forma era simile ad una ciliegia;
  • “uliva a grappolo” di polpa “soda”;
  • “Cellina o Morella o uliva di Lecce o uliva di Nardò”, varietà molto comune meglio conosciuta come “Cellina di Nardò”, di certo la più coltivata nel Salento;
  • “Ulivetta”, proveniente da una pianta che nasce spontaneamente;
  • “l’Ogliara o Salentina”, in passato la varietà preferita, oggi è conosciuta come “Ogliarola salentina o Ogliarola leccese”.

Delle due varietà da sempre più diffuse nel Salento, la “Cellina di Nardò” e “l’Ogliarola salentina”, la prima produce un olio di ottima qualità ma è di scarsa resa, la seconda invece è di resa elevata ma produce un olio di qualità meno pregiata

Nell’ultima parte Presta iniziò precisando che mentre in passato tutti credevano che il nocciolo dell’oliva rovinasse il sapore dell’olio in realtà la sua presenza era indifferente. L’autore continua raffigurando le macchine utilizzate per la spremitura delle olive. Dai Greci era stato inventato il “Frantoio”, uno dei quali era stato ritrovato negli scavi di Stabia. Per farlo funzionare c’era bisogno della spinta di braccia umane, quindi in passato erano probabilmente gli schiavi a essere usati per macinare le olive. La vasca in cui avveniva questo lavoro con il “frantoio” non era molto ampia e doveva essere svuotata e poi riempita diverse volte, quindi questo lavoro richiedeva molto tempo. Nel periodo illuministico la macchina utilizzata per spremere le olive era la “Macina verticale”, secondo il Presta molto più efficiente. L’autore utilizzò le due macchine per capire se la presenza del nocciolo potesse rovinare il sapore dell’olio ma sia con il “frantoio” sia con “la macina”, notò che dal nocciolo non usciva olio, quindi tutto quello che si produceva apparteneva comunque alla polpa dell’oliva. Nell’antichità per capire se la presenza del nocciolo potesse rovinare il sapore dell’olio furono spremute sia le olive con il nocciolo sia quelle senza, ricavandone un olio dal sapore differente. Gli Antichi pensavano che il sapore diverso fosse dovuto alla presenza del nocciolo, Presta invece individuava nel grado di maturazione delle olive raccolte la causa di tale differenza.


LA LIQUIDA DOVIZIA
(a Giovanni Presta)

I
Don Giovanni,son già le regie pile
Abbattute e interrate le posture,
e gli otri più non cercansi all’ovile,
e infrante son le fittili misure.

Dell’ultimo curatolo il senile
Accento tacque, e, intorno, le pianure
Or vestonsi con pampini in aprile,
di mignole fra scarse fioriture.

Ai morbi dell’uliva in tuo volume
L’àcaro aggiungi ancor dell’avarizia
Umana,ascoso al tuo profondo acume.

Da sessantadue prove invan perizia
Sovra l’olio traesti e sul morchiume,
chè non val più la liquida dovizia.

II
La liquida dovizia,qui raccolta
E decantata,riiluia pe’l mondo;
con la festosa velatura sciolta
a caricare il prezioso pondo

giungevano i navigli. Era una folta
selva d’antenne il porto, e il rivo biondo
scorrea inesausto.La straniera accolta,
colme le stive,ripartìa,e il giocondo

canto dei marinai più inazzurrato
facea il cammino. O musicale nome
di nostra terra, tanto celebrato

fra commensali dall’aurate chiome,
là, nell’angliche terre! O susurrato
presso ad estranie tombe, dolce nome !

(del poeta e sindaco di Gallipoli Luigi SANSO’ 1891-1963)
cfr : http://www.anxa.it/pages/archivio/4–luglio-2003/lettere-inedite-di-giovanni-presta-1720-1797.php


Fonti :


Vedi anche Cosimo Moschettini

Cosimo Moschettini e la malattia della Brusca negli ulivi


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Ricerche a cura del dott Giovanni Greco;
dott in Conservazione dei Beni Culturali, con laurea in archeologia industriale, è studioso e autore di numerose ricerche sul Salento, Erasmus in Germania nel 1996, ha viaggiato per venti anni in Italia e in Europa, ha lavorato un anno in direzione vendite Alitalia nell’aeroporto internazionale di Francoforte, ha diretto per cinque anni la sezione web di un giornale settimanale cartaceo italiano a Londra, libero professionista, videomaker, artista raku, poeta, webmaster, blogger, ambientalista, presentatore, art director, graphic designer, speaker radio, giornalista freelance Internazionale iscritto presso l’agenzia GNS Press tedesca, collabora come freelance con diverse realtà sul web e sul territorio locale. Dal 1998 è direttore responsabile della rivista on line “BelSalento.com – arte, storia, ambiente, politica e cultura della Terra dei Due Mari – Servizi di Fruizione Culturale”.
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